Napolitano nel discorso di fine anno annuncia le dimissioni

Erano attese e sono arrivate: le notizie sulle dimissioni di Napolitano. Il Presidente della Repubblica aveva accettato un secondo mandato con l’intento di non concludere il settennato ma dare continuità al discorso politico. Adesso che la trama politica è imbastita, il Presidente della Repubblica vuole dimettersi e si rivolge al suo successore. 

Il 31 dicembre, notoriamente, c’è un discorso del Presidente della Repubblica, il classico discorso in cui si traccia il bilancio di un anno di politica e società e si danno gli auguri e le speranze per l’anno nuovo. Il discorso di fine anno di Giorgio Napolitano è stato molto particolare perché il Presidente ha annunciato le sue dimissioni (che teoricamente dovrebbero essere il 13 o 14 gennaio) e poi si è rivolto al suo successore.

Sul sito del Quirinale è possibile leggere il messaggio integrale di Napolitano che fin dalle prime battute annuncia che si tratta di un discorso speciale. Napolitano invita gli italiani a non chiudersi nei loro problemi ma a valutare un orizzonte più ampio, orientando il loro operato al valore morale della solidarietà. Forse il pezzo più denso di tutto il discorso:

Farci, ciascuno di noi, partecipi di un sentimento di solidarietà e di un impegno globale – sconfiggendo l’insidia dell’indifferenza – per fermare queste regressioni e degenerazioni, è un comandamento morale ineludibile. E forse, facendoci lucidamente carico di quanto sta sconvolgendo il mondo, potremo collocare nella loro dimensione effettiva i nostri problemi e conflitti interni, di carattere politico e sociale ; potremo superare l’orizzonte limitato, ristretto in cui rischiamo di chiuderci.

Rispetto alle sue dimissioni, Napolitano fa appello alla responsabilità politica e dice:

A quanti auspicano – anche per fiducia e affetto nei miei confronti – che continui nel mio impegno, come largamente richiestomi nell’aprile 2013, dico semplicemente che ho il dovere di non sottovalutare i segni dell’affaticamento e le incognite che essi racchiudono, e dunque di non esitare a trarne le conseguenze. Ritengo di non poter oltre ricoprire la carica cui fui chiamato, per la prima volta nel maggio del 2006, dal Parlamento in seduta comune. Secondo l’opinione largamente prevalente tra gli studiosi, si tratta di una valutazione e di una decisione per loro natura personali, costituzionalmente rimesse al solo Presidente, e tali da non condizionare in alcun modo governo e Parlamento nelle scelte che hanno dinanzi né subendone alcun condizionamento.
Penso che questi semplici chiarimenti possano costituire una buona premessa perché Parlamento e forze politiche si preparino serenamente alla prova dell’elezione del nuovo Capo dello Stato. Sarà quella una prova di maturità e responsabilità nell’interesse del paese, anche in quanto è destinata a chiudere la parentesi di un’eccezionalità costituzionale.