Il boss Antonio Pelle evaso dall’ospedale di Locri

Il boss Antonio Pelle è evaso dall'ospedale di Locri dove era detenuto

Il boss Antonio Pelle, capo dell’omonimo clan di San Luca, è evaso nel pomeriggio di mercoledì dall’ospedale di Locri dove era ricoverato da cinque giorni dopo aver avuto un malore in carcere. Antonio Pelle di 49 anni, era soprannominato anche “vancheddu” ma conosciuto maggiormente come “la mamma”. Pelle, è stato condannato a 13 anni di reclusione nel procedimento contro le cosche Nirta-Stragio e Pelle-Vottari.

Sull’evasione dell’uomo è stata subito aperta un inchiesta da parte della procura antimafia di Reggio Calabria. L’intenzione di tale inchiesta è capire se l’uomo abbia beneficiato di aiuti interni o esterni all’ospedale.

‘Ndrangheta, 11 arresti. Volevano uccidere un magistrato

Foto: Ap/LaPresse

Stavano escogitando un piano per uccidere uno dei magistrati di Reggio Calabria, ed è per questo che oggi i Carabinieri di Locri hanno arrestato 11 esponenti dell‘Ndrangheta calabrese, affiliati alla cosca Abbruzzese. Gli undici arrestati, sono accusati di aver pianificato un “imminente attentato alla vita di un magistrato della procura distrettuale antimafia di Catanzaro”.

La cosca Abbruzzese, il mese scorso, era stata già colpita dall’arresto del suo esponente maggiore, Nicola Abbruzzese e dalla condanna del fratello Francesco, disposta dalla Corte di Assise di Cosenza.

Annozero, stasera i fatti di Rosarno

annozero

Nei titoli ci mettono sempre una certa, magari efficace, fantasia. La puntata di stasera,  giovedì 14 gennaio 2010, di Annozero si chiama infatti La spremuta. La puntata del programma di Michele Santoro analizzerà, naturalmente, i fatti di Rosarno, cercando di capire come sono andate le cose. In studio Roberto Cota della Lega Nord, Alessandra Mussolini del PdL, Gad Lerner e l’inviato de L’Espresso Fabrizio Gatti.

La rivolta degli immigrati, gli scontri con i residenti e l’allontanamento degli extracomunitari che erano impiegati nella raccolta delle arance sono solo la punta dell’iceberg. La situazione della piana di Gioia Tauro, in provincia di Reggio Calabria, è ben più complessa: al suo interno si mescolano lo sfruttamento dei lavoratori immigrati, la rabbia degli cittadini residenti e il potere della ’ndrangheta che ha avuto un ruolo importante sia negli scontri che nella stessa gestione del lavoro nero.

Arrestato il re del videopoker in Calabria

Arrestato il re del videopoker in Calabria, Gioacchino Campolo. Da questa mattina è in carcere con l’accusa di trasferimento fraudolento di valori, mentre la moglie e il figlio di 27 anni sono finiti ai domiciliari. Gli sono stati sequestrati beni immobili per un valore di oltre 35 milioni di euro: più di 40 tra appartamenti e terreni a Reggio Calabria, e altri due appartamenti di lusso a lui collegati, a Roma e a Parigi.

Videopoker contraffatti per aumentare gli incassi: questa l’attività di Campolo. Il video poker è un gioco d’azzardo, derivato dal poker, molto diffuso nei casinò, che si gioca con una console computerizzata di dimensioni analoghe ad una slot machine. Il giocatore non gioca contro un avversario umano, ma contro una macchina.

Tra gli inquilini eccellenti del re del videopoker il ministero della Giustizia, l’ex sindaco di Reggio Calabria Italo Falcomatà, morto alcuni anni fa ed estraneo all’inchiesta, un altro ex primo cittadino di Reggio, Demetrio Naccari Carlizzi, genero di Italo Falcomatà e all’epoca vice sindaco, Naccari Carlizzi, attuale assessore regionale al Bilancio. Persino un ex sacerdote di Reggio Calabria, Don Salvatore Nunnari, attuale arcivescovo metropolita di Cosenza.

Secondo gli inquirenti, Campolo si sarebbe anche reso disponibile per riciclare proventi della criminalità e, tramite il mercato immobiliare sarebbe – per gli inquirenti – entrato in contatto con la politica.

L’informazione? Questione di punti di vista. Ovvero: “Delle trasformazioni”

Tornando al Ponte sullo Stretto di Messina. Quando ero una studentessa felice – ‘nzomma – di Scienze della Comunicazione (Scienze delle merendine, sìsì) – mi sono imbattuta nei misteri della vita. L’analisi del testo e l’analisi del contenuto. Cose grosse, dunque. In quell’illusione sublime di trovare nel linguaggio una base ai contenuti. Alcuni parlavano persino di universalità.
L’analisi del contenuto è faccenda statunitense. Ad un popolo come quello italiano, ingrato (troppo spesso) erede di Dante, una faccenda del genere – l’eventuale trasposizione della matematica nelle regole della linguistica e della comunicazione – non può che essere poco comfortable, data la complessità, poi, della lingua madre, ben altra faccenda rispetto a quella anglosassone – che difatti, per facilità, si è imposta come lingua degli scambi internazionali.
Faccenda statunitense, dunque, che ha visto la luce agli inizi dello scorso secolo. L’analisi – la definizione all’epoca me la sono ripetuta molteplici volte – è quella del contenuto manifesto della comunicazione.