Così Copenhagen brucia i rifiuti con tecnologia made in Italy

Tratto da “Voglia di cambiare”, di Salvatore Giannella, Chiarelettere editore, € 13,60.
Per chi arriva a Copenhagen, una foto d’obbligo è davanti alla Sirenetta, in porto. Ebbene se alzate gli occhi al di sopra della statua simbolo della capitale danese, vedrete su un’isola sita un chilometro dopo il braccio di mare, le ciminiere di un inceneritore. Qui i danesi bruciano quel poco (trenta per cento) di rifiuti che non riescono ad imbrigliare nella pratica delle “4 R” raccomandata dall’Unione europea: e cioè la riduzione, raccolta differenziata, riciclaggio, recupero dell’energia. Lo bruciano con tecnologia made in Italiy: infatti l’impianto fu costruito nel 1995 dai genovesi dell’Ansaldo Volund.

Hanno fame. E adesso che si FAO?

Prende il via oggi a Roma il vertice internazionale della FAO, l’organizzazione delle Nazioni Unite incaricata di supervisionare sui problemi della fame nel mondo e affini.

Al convegno parteciperanno numerose autorità internazionali che si ritroveranno a parlare di una delle situazioni più critiche mai viste. Tra le presenze più discusse quelle del presidente iraniano Ahmadinejad, o il presiednte dello Zimbabwe Mugabe, accusato di aver messo in ginocchio il proprio paese con il problema della fame.

Non solo critiche nei confronti di ogni singolo paese per questo o quel problema. I problemi sono anche in seno all’organizzazione FAO e questo convegno ha anche la necessità e il dovere di dover rimediare a una situazione di spreco che sta colpendo l’organizzazione stessa.

Un convegno che non porta solo ed esclusivamente le proteste dei capi di stato ma anche di tutti coloro, semplici cittadini, che si ritroveranno a voler manifestare il proprio pensiero ad alta voce. Nei pressi del Palazzo della FAO infatti campeggia un lungo striscione che dice “Stop al business della fame”. Uno striscione al quale non posso che essere d’accordo.

Silvio di Ferro

Si sa che quando Silvio sale al governo non ce n’è più per nessuno. La sua mentalità da imprenditore trasforma l’Italia da uno stato a una azienda dove tutto deve funzionare alla perfezione.

I commenti a riguardo sono personali, la mia opinione è che gestire un paese come se fosse un azienda è un’idea eccezionale. L’attenzione sta anche nel potere e dovere gestire ogni entità locale cercando di ottimizzarla, ma senza sopravvalutarla.

Il ritorno a Napoli, come promesso tra l’altro dal premier, deve essere visto anche sotto questa ottica. Il pugno di ferro con cui Berlusconi sta affrontando l’emergenza rifiuti campana è l’unico modo di mostrare il potere dello Stato laddove sembra non esserci.

Nel passato c’è stata una pericolosa avventura nell’anarchia e lo Stato non è stato in grado di imporre decisioni assunte da organi democraticamente eletti

Le prospettive positive per cambiare ci sono, speriamo che non siano promesse campate in aria.

L’emergenza sicurezza, quella vera

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ANSA – 24 maggio 2008 – Un gruppo di venti ragazzi, guidati da un uomo, tutti con i volti coperti, ha fatto irruzione a Roma verso le 17:30 in un alcuni negozi nel quartiere Pigneto, in via Ascoli Piceno e in via Macerata gestiti da extracomunitari bengalesi e senegalesi, distruggendo le vetrine. Il gruppo che, a quanto raccontano alcuni testimoni presenti al momento dell’aggressione, prendeva ordini in italiano dall’uomo che li guidava, era armato di bastoni con i quali ha distrutto le vetrine e danneggiato gli interni di tre negozi, un bar, un call center e un negozio di generi alimentari. Gli aggressori dopo aver compiuto il raid sono scappati. Sul posto e’ intervenuta la polizia. Il Pigneto, un piccolo quartiere popolare, una sorta di paese, incastonato tra la via Prenestina e la via Casilina, nella prima periferia a sud est di Roma, da anni e’ uno dei quartieri piu’ multietnici della citta’.

Salvate il soldato Bassolino

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Si fa un gran dire da qualche mese a questa parte di quanto l’immagine del paese sia danneggiata dall’emergenza rifiuti della Campania. E non si può certo dare torto a coloro i quali indicano la giunta regionale Bassolino, quando interpellati sulle responsabilità del disastro. Sembrano infatti fuori discussione – quand’anche emergesse nella fase dibattimentale l’estraneità del Governatore della Campania ai fatti a lui contestati nello svolgimento del suo incarico istituzionale – le responsabilità di natura politica del suo gruppo dirigente.
Gruppo dirigente che da quindici anni a questa parte ha saputo consolidare una vera e propria egemonia in Campania. Ma anche in grado di allargare la base del consenso costruendo un sistema di clientele, da un lato devastante per il dinamismo economico e sociale della regione, dall’altro capace di consegnare a Veltroni il 60% di preferenze, blindando progressivamente una regione divenuta stabilmente di sinistra – pardon – riformista.
Chapeau.

Monnezza: dalla Campania alla Sicilia. Tra class action del Codacons e proteste

Er monnezza
Alta tensione sull’isola. La situazione non accenna a migliorare. Dopo l’arrivo della nave della monnezza di due giorni fa al porto di Cagliari, la Sardegna continua a non volere i rifiuti di provenienza campana. Ieri sette giovani sono stati arrestati, perchè sospettati di appartenere agli ultrà del Cagliari e ritenuti responsabili degli scontri – vera e propria guerriglia – davanti alla villa del Presidente della Regione Renato Soru l’altra notte.
Soru è stato duramente e a vario titolo – con strascichi, per l’appunto, alla G8 genovese – per aver autorizzato l’ingresso dell’immondizia dalla Campania nella regione. Oggi le forze dell’ordine hanno disposto, sempre a Cagliari, l’arresto di altri due ragazzi . Uno dei due lavora in un distributore di benzina, e sono entrambi maggiorenni. Sono stati sorpresi a progettare un attentato incendiario: l’obbiettivo era l’abitazione di Soru, ancora una volta, e gli agenti che vigilano davanti alla casa.
Ma non è solo la Sardegna a protestare. La tensione si allarga anche all’altra isola. Neanche la Sicilia ci sta.

Campania e rifiuti: ancora 11 mesi di agonia

Rifiuti campania

Ancora 11 mesi per ritornare alla normalità: questo quanto dichiarato dal Ministro dell’Interno, Giuliano Amato, al termine del Consiglio dei Ministri. Le misure previste comprendono la proroga dell’emergenza appunto fino al 30 novembre, con l’istituzione del Commissario gestore dell’emergenza che “affiancherà gli enti locali” insieme ad un Commissario liquidatore per risolvere “la partita finanziaria che si è accumulata nel corso degli anni“.