Lampedusa, rivolta degli immigrati: in fiamme il centro di accoglienza

Torna ad essere critica la situazione a Lampedusa per la questione dell’immigrazione. Nel pomeriggio, infatti, è scoppiato un incendio di vaste proporzioni nel centro di accoglienza di Contrada Imbriacola, che al momento ospita 1300 extracomunitari, dei quali 1200 tunisini, che già nei giorni scorsi hanno protestato più volte per chiedere il loro trasferimento sulla terraferma. Circa 800 immigrati sarebbero anche riusciti a fuggire dal centro, e di questi 400 sarebbero stati rintracciati dai carabinieri vicino al molo Favaloro, mentre gli altri sarebbero ricercati.
I vigili del fuoco, dopo quattro ore, sono riusciti a domare l’incendio,che nel frattempo però aveva già distrutto due dei tre edifici del centro, e provocato una fitta nube di fumo nero. Il fumo è arrivato anche sopra l’aereoporto, che è stato momentaneamente chiuso, e ha raggiunto il centro abitato. Almeno una decina di persone tra migranti e forze dell’ordine sono rimaste intossicate, e fra queste anche un immigrato paraplegico; nessuno, comunque, sarebbe in pericolo di vita.
Il sindaco di Lampedusa Bernardino De Rubeis ha dichiarato:

“Il centro è interamente devastato, è tutto bruciato, non esiste più e non può più ospitare un solo immigrato. Lampedusa non ha più un posto. E’ l’ora che il governo intervenga dopo tanto immobilismo. Avevano avvertito tutti su quello che poteva accadere ed è accaduto”.

Affonda barcone a largo della Tunisia, 150 annegati

Foto: AP/LaPresse

L’Agenzia Onu per i rifugiati ha precisato oggi che i 150 corpi che in un primo momento sarebbero stati “recuperati” sulla costa tunisina, dopo il naufragio di un barcone diretto a Lampedusa andato in avaria mercoledì, sarebbero da considerarsi “annegati“. La Croce rossa tunisina, infatti, aveva inizialmente parlato di 150 corpi recuperati in mare, e il suo coordinatore Moez Barkallah aveva spiegato che 123 corpi erano stati recuperati e portati all’obitorio di Sfax. In seguito, Barkallah ha precisato che non si trattava di informazioni ufficiali e che lui non aveva visto di persona i cadaveri nell’obitorio. Alla fine, ieri sera, una nota dell’Unhcr ha chiarito che i clandestini sono annegati, ma i corpi non sono stati recuperati. Oltre ai circa 150 annegati, vi sarebbero anche più di 200 dispersi, mentre la guardia costiera tunisina ha recuperato circa 570 persone, fra le quali vi sarebbero “100 donne e bambini”.

Libia, altri scontri a Tripoli. Mandato d’ arresto per Gheddafi

Foto: Ap/LaPresse

In Libia si combatte ancora, sia nella capitale, Tripoli, dove si sono verificati spari all’ uscita della preghiera del venerdì in moschea, così come in altre città come Al Zawya, dove, secondo Al Jazeera, ci sarebbero stati più di 50 morti e 300 feriti.

A Tripoli, le forze filo-governative hanno disperso con gas lacrimogeni un raduno di un centinaio di oppositori nel quartiere di Tajura, nella parte orientale della città. Vicino alla moschea, a piazza Algeri, invece, adesso ci sono solo i sostenitori di Gheddafi, con bandiere e ritratti del rais, mentre la piazza è presidiata dalle forze dell’ ordine.
Le forze fedeli a Gheddafi avrebbero inoltre bombardato nuovamente il terminal petrofilero di Breda, città nella parte orientale del paese che era stata presa dai ribelli. Il figlio del Rais, Saif, in un’ intervista a Sky, ha spiegato come questa sia stata “Un’ indispensabile mossa strategica” per mettere in fuga i ribelli, proprio per l’ importanza del terminal petrolifero proveniente da quella città. Anche in Cirenaica sarebbe in atto una controffensiva militare per la conquista dei pozzi petroliferi.
Bombardamenti aerei
da parte delle forze governative si sarebbero verificati anche a Misurata, città controllata dai ribelli sempre nella parte orientale del Paese, cosi come ad Ajdabiya, dove sarebbe stata attaccata una base militare controllata dagli insorti, senza però causare vittime, mentre nelle vicinanze di Bengasi, roccaforte dei ribelli, le forze di Gheddafi avrebbero provocato 17 morti.

La Russa, il fico secco e la politica italiana all’immigrazione

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Ignazio La Russa ha fatto parlare di sè in questi giorni. Ed oggi torna sulle polemiche con l’Alto commissariato Onu. Il governo, dice, è compatto nel dire che sbaglia. Certo, il ministro – e l’esecutivo tutto – ha presentato le sue scuse a Laura Boldrini, portavoce italiana dell’Unhcr. Le aveva detto che non conta un fico secco (sic!). Ma continua a difendere la posizione assunta: l’Unhcr sbaglia nell’esprimere perplessità circa il riaccompagnamento dei migranti, il comportamento dell’Italia e dei marinai italiani nei riaccompagnamenti verso il porto libico.

Il ministro della Difesa chiama dalla sua quello degli esteri: Frattini, che è l’uomo più moderato del governo, dice che ha sbagliato. E in effetti Franco Frattini, ieri, prima ha preso le distanze da La Russa per l’espressione infelice, ma poi ha difeso la politica governativa sull’immigrazione.