Obama al telefono col MO

[Photo| Flickr] Barack Obama comincia così la sua presidenza: al telefono. E lo stile è esattamente quello che ti aspetteresti. Primo giorno di lavoro, e che ti fa l’uomo più famoso – e potente – del momento? Chiama Abu Mazen. Che quasi non ci credeva.

Ha tenuto a dirmi che ero il primo leader straniero che contattava

Poche battute, lavorare per consolidare la tregua. Subito dopo è toccato al premier israeliano Ehud Olmert, all’egiziano Hosni Mubarak, al re Abdallah di Giordania.

La precedenza data ad Abu Mazen, Il presidente palestinese contestato da Hamas, è evidentemente un segnale. Il movimento islamico ritiene scaduto il suo mandato quadriennale e dallo scorso 9 gennaio non gli riconosce più un ruolo. Dopo le bombe, Hamas non è più tornata sulla questione né sulle più volte richieste nuove elezioni in Cisgiordania.

Ora è la volta di Obama. Assicura che

opererà in piena associazione col presidente Abbas per arrivare alla pace in questa regione

Stiamo a vedere come.

La strada di Israele passa per le primarie

Divenuto ormai più una moda piuttosto che un utile strumento per la decisione intra-partito, le primarie saranno ancora protagoniste per quanto concerne il futuro di uno degli stati più importanti del Medioriente, Israele. Un paese che, dopo essere finito al centro del mirino della corruzione, con l’inquisizione del suo premier Ehud Olmert, spera con le primarie del partito Kadima, di ripristinare il potere e proseguire con le mediazioni verso quella Palestina storicamente sempre molto lontana.

Mahmoud il solitario

E’bastato un quarto d’ora al presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad per attirare a se le polemiche di questo vertice FAO. Le sue parole, taglienti come lame, hanno colpito tutti gli argomenti scottanti nella realtà iraniana.

Israele, Stati Uniti e naturalmente crisi alimentare sono stati gli argomenti sostenuti dal presidente, senza mezzi termini e sempre spavaldo, sicuro, forte e stoico. Anche quando più che un discorso sembra trattarsi di minacce.

Un quarto d’ora che gli ha permesso di conquistare zero, e ripeto zero, applausi e solo una veloce stretta di mano, obbligata, dal direttore generale della FAO, Jacques Diouf.

Ma d’altronde che reazione si poteva aspettare chi afferma che Israele ha i giorni contati? Forse dovrebbe ritenersi fortunato di non essersi beccato nessun fischio; anche se fuori circa 350 manifestanti ebrei avrebbero voluto incontrarlo. Per applaudirlo?

I guai giudiziari di Olmert inguaiano Israele

In effetti iniziava a sembrare tutto un po’troppo semplice. Pareva quasi strano che tra israeliani e palestinesi, se si escludono i contrasti “italiani” avuti alla Festa del Libro di Torino, ci fosse un attimo di tregua.

Il fatto è che la tregua tra i due continua, il problema questa volta è in seno agli isrealiani che si ritrovano in una situazione molto difficile, che potrebbe portarli, nel caso in cui la faccenda dovesse degenerare, a rimanere senza il loro premier Ehud Olmert.

I problemi “israeliani” sono di tipo giudiziario e vedono coinvolto Olmert non come presidente quanto invece quando ancora era sindaco di Gerusalemme. Cerchiamo di comprendere meglio la situazione quale è.

Medioriente: L’obiettivo segreto di Bush

George W.Bush è sempre stato un personaggio emblematico. E’uno di quei personaggi che quando meno te lo aspetti ti viene fuori con una delle sue magiche trovate. Non sto parlando solo di idee, di progetti, di interventi o chissachè. Anche il solo classico atteggiamento. Sarà che l’avrò visto minimo 800 volte in televisione, ma quello sguardo di terrore e poi subito normale dopo essere stato informato dell’attacco alle torri gemelle rimarrà nella mia memoria per sempre.

Che il buon texano abbia quindi un atteggiamento emblematico direi che sia fuori discussione, il problema è che spesso e volentieri, soprattutto per il fatto che si trova a capo della potenza militare numero uno al mondo, pensa di essere una specie di divinità. Non posso che comprenderlo. Se io fossi sulla poltrona più importante degli Stati Uniti d’America penso mi comporterei in maniera un po da smorfioso.

E credo che, nei prossimi giorni, in medioriente sentiranno arrivare questa potenza degli Stati Uniti che si trasmette nell’aria e che vuole andare ad insinuarsi tra israeliani e palestinesi, cercando di trovare una situazione di mediazione tra le parti, rilasciando anche una dichiarazione che dimostra ancora di più la sua sicurezza:

Medioriente: Isreale non si fermerà

Oggi, leggendo un po le notizie qua e là sul web prima di iniziare a scrivere il mio post, mi sono reso conto di una cosa; la situazione nella striscia di Gaza non ci fa sentire più come degli uomini. Non so perchè ma la naturalezza con cui mi sono ritrovato a leggere degli ennesimi morti in Israele, 60 di parte palestinese e 2 da parte israeliana, mi ha fatto sentire meno umano. 62 persone, 62 uomini prima di tutto, prima ancora che israeliani e palestinesi. Che lottano per conquistare la terra che, a loro modo di vedere, gli spetta, ma che lottano soprattutto per non perdere la vita e la libertà.

Nella Striscia di Gaza la situazione è attaccata ad un sottile filo. Basta la minima brezza che potrebbe portare all’offensiva israeliana definitiva. Certo, pensare che 60 morti di parte palestinese non siano un offensiva definitiva fa un po rabbrividire, ma è così. La lotta di Israele al terrorismo è iniziata secondo Olmert, primo ministro israeliano:

Israele non ha nessuna intenzione di fermare la guerra al terrore neanche per un secondo. Rivendichiamo il diritto di difendere i nostri concittadini nel sud del Paese.

Bush, fine del viaggio: l’Iran finanzia il terrorismo

Bush
Fine del viaggio in Medio Oriende per il Presidente degli Stati Uniti George W. Bush. Un’ultima tappa agguerrita, più di quelle precedenti. Perchè Bush ha lanciato oggi le sue invettive complete, dirette e inequivocabili contro l’Iran.
L’Iran che arma Hezbollah, finanzia Al Qaeda, minaccia la sicurezza mondiale. Bush parla da Abu Dhabi, la capitale degli Emirati Arabi: l’ultima tappa del tanto tribolato viaggio in Medio Oriente che ha anche visto la prima volta di Bush in Israele. L’attacco a Teheran, dunque, è diretto e senza mezzi termini. Il governo di Mahmud Ahmadinejad è per il Presidente americano il nuovo pericolo per l’umanità.
Parole, naturalmente, tradotte in tempo reale in tutte le declinazioni possibili dell’arabo e dei suoi dialetti. Parole che presto avranno conseguenze diplomatiche e internazionali. Parole dall’eco fortissima. Mahmud Ahmadinejad e il suo governo dovranno e vorranno presto replicare.