Iraq, condanna a morte per Tareq Aziz. Proteste da Unione Europea, Quirinale e Vaticano

Foto: AP/LaPresse

L’ Alta Corte penale di Baghdad ha emesso la sentenza di condanna a morte tramite impiccagione per Tareq Aziz, ex vice-primo ministro iracheno, nell’ ambito del processo riguardante la chiusura dei partiti religiosi in Iraq. La Corte ha condannato alla pena capitale, insieme ad Aziz, anche l’ ex ministro dell’ interno, Saadun Shaker, e l’ ex segretario personale di Saddam Hussein, Abel Hamid Hamud.

La sentenza giunge al termine di uno dei sette processi che vedono Aziz imputato: quello riguardante la campagna avviata negli anni Ottanta contro i partiti politici sciiti filo-iraniani e culminata in quegli anni in una serie di arresti e condanne a morte dei leader sciiti. L’ avvocato dell’ ex vice-premier iracheno riferisce che Aziz è “sotto schock per la sentenza subita”, e  ha affermato: “Da un punto di vista strettamente giudiziario, la sentenza è ingiusta ed estremamente esagerata. Non avremmo mai creduto che il nostro assistito potesse essere condannato a morte”.

Già nel marzo del 2009, Tareq Aziz era stato condannato a 15 anni di reclusione, che sta scontando in un carcere di Bagdad, e a gennaio di quest’ anno era stato colto da un infarto.

Brown e Bush si cercano sull’Iraq

Sia Washington che Londra hanno cercato di depistare la cosa, asserendo che non esista un accordo predeterminato tra i due paesi su una possibile strategia futura. Il fatto però che questa cosa sia uscita, di per sé, già fa pensare il contrario.

Tutto questo mentre un’affermazione sibillina di George W.Bush fa pensare e riflettere sulle morti sul campo di battaglia. Per molti maggiormente onorevoli di altre, perchè dovuto all’orgoglio nazionale.

La situazione irachena e la giustificazione delle morti amiche si ritrovano in una frase di Bush:

“Provo dolore personale per le vittime in Iraq sia che si tratti di alleati o civili innocenti. Bisogna sottolineare che la popolazione irachena ha sofferto in un contesto più ampio. Le truppe americane non hanno “intenzionalmente ucciso persone innocenti”, ma soprattutto che un gran numero è stato ucciso da Saddam Hussein.”

Secondo voi: E’ possibile giustificare in questo modo una guerra?

Medioriente: Palestinese, sei su Scherzi a parte!

Evviva le bufale! Evviva gli scherzi! Evviva le bugie grandi come una casa! Non sono impazzito tranquillizzatevi voi che leggete. Ma la situazione in medioriente, in quella fascia tanto bistrattata quale è la Striscia di Gaza, sta veramente sfiorando una situazione tragicomica. Le vittime sono salite a un centinaio, ma sono le conseguenze che fanno decisamente sorridere, e in un certo senso ricordano delle scene già viste, che vi suggerirò in seguito.

Come abbiamo anticipato nella giornata di ieri (se volete leggere l’articolo lo potete trovare qui: Medioriente: Israele non si fermerà) l’offensiva di Israele via terra, anticipata già dal ministro della difesa, ha avuto luogo. Da come si legge poco sopra le vittime sono risultate un centinaio. Ma allo stesso tempo, da parte di Israele, è giunta la necessità e la voglia di porgere la mano all’ONU e di ritirare le proprie truppe di terra da questa offensiva.

Non si fraintenda il gesto di Israele. Questa continuerà ad attaccare chiunque lanci razzi o missili verso lo stato ebraico. Perchè, nonostante l’offensiva, Israele continuerà a reprimere qualsiasi organizzazione terroristica che minaccerà l’integrità dello stato. Il ritiro di oggi è dovuto solo ed esclusivamente al fatto che l’operazione contro la cellula terroristica è andata a buon fine, portando in questo modo al ritiro delle truppe di terra dalla Striscia di Gaza.

Politically correct, e che ce la si mandi buona

Clinton Obama
Cortesi fino all’inverosimile. La nuova strategia, l’unica possibile, è questa. Hillary Rodham Clinton e Barack Obama dibattono soavemente al Kodak Theatre, dove va annualmente in scena la cerimonia degli Oscar. Il capitolo rissa e veemenza si direbbe superato.
Quesi sembravano non nemici, ma alleati nel loro confronto delizioso. Due vecchie, british amiche che chiaccherano durante l’ora del tè. Hillary è tutta un cuoricino: Abbiamo l’opportunità di fare la storia, cambieremo il nostro Paese, perché penso che uno di noi due finirà con l’essere il prossimo presidente degli Stati Uniti d’America.
Tanto carini e tanto onesti parevano, che negli osservatori è sorta spontaneamente una domanda e uno scenario possibile. Lo scenario possibile si chiama dream ticket. E vorrebbe dire correre insieme alle elezioni di novembre, naturalmente a diverso titolo: uno come candidato alla presidenza e l’altro alla vicepresidenza.