Grecia: Tu chiamala se vuoi…Intifada

Le immagini che giungono giornalmente da Atene, capitale greca sopravvissuta nei secoli dagli attacchi e dalle dominazioni di diverse civiltà, mi hanno fatto ricredere sulla possibilità di vedere ancora integra una delle città storicamente più importanti al mondo. Negozi distrutti, fiamme, violenza, attacchi “ciechi” verso qualsiasi cosa si muovesse: scene da vero e proprio raid che hanno portato, alla fine di una settimana di scontri, a danni quantificabili intorno ai 400 milioni di euro.


Non sono i soldi comunque l’argomento su cui mi pare giusto focalizzare l’attenzione e nemmeno la bellezza storica di Atene, su cui magari si soffermeranno blog di turismo o simili; è preoccupante osservare l’andamento della vera e propria furia cieca con cui i manifestanti stanno reagendo alla morte, per quanto condannabile ovviamente, di un giovane ragazzo di 15 anni colpito da un proiettile di rimbalzo da parte di un agente di polizia.

In Italia riguardo a proiettili che colpiscono di rimbalzo da parte della polizia ormai siamo abituati, si ricordi Genova ad esempio. Certi avvenimenti che, alla lunga, accadono per forza, anche se naturalmente non dovrebbero accadere. Una reazione, come giusto che sia, che deve essere di rabbia, ma che non deve scatenare violenza, ma dialogo. Un dialogo che nel nostro paese non è mai nato e che, per quanto non possa sembrare, a riavvicinato fazioni di estrema destra e sinistra verso un unico obiettivo: la polizia.

In Grecia la rabbia cieca, quella che per definizione degli stessi giornali ellenici è stata definita “L’Intifada degli Studenti”, si è scatenata per una settimana intera nelle vie della capitale sfigurata e stanca dopo 7 giorni di battaglia. La manifestazione, che pare ora aver preso per il primo giorno una via più pacifica, continua in piazza con i giovani a reclamare vendetta verso il giovane morto.

Una morte che merita di venire vendicata, come giusto che sia, ma in che modo? Quale necessità di distruggere una città? Potrà forse tutto questo riportare in vita il 15enne colpito da un proiettile della polizia? No. In nessun modo. Nessuna vetrina distrutta, nessun cassonetto che brucia permetterà di fare risorgere ciò che si è spento a causa di una fatalità.

Una fatalità che però non deve essere dimenticata e deve fare riflettere. Ma in modo pacifico e con slogan di protesta, perchè un caso accidentale non diventi un secondo e un terzo e un quarto; perchè una morte non trasformi una protesta in un Intifada.

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