Berlusconi, Dell’Utri e gli eroi. Quando il silenzio è d’oro

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Balzata agli onori delle cronache ormai molti anni fa come lo stalliere di Arcore – per via del gergo usato nel mondo del narcotraffico secondo cui le partite di droga venivano chiamate “cavalli” – la figura di Vittorio Mangano rappresenta, tutt’oggi, un’imbarazzante presenza nel passato del cinque volte candidato premier Silvio Berlusconi.
Celebre una telefonata del Cavaliere con Marcello Dell’Utri – la cui condanna in primo grado a nove anni di reclusione con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa rappresenta solo il diadema di una collezione vastissima fatta di condanne, rinvii a giudizio e frequentazioni oltre il limite del decoro – in cui il Cavaliere scherza su un attentato dinamitardo subito nella villa di Arcore, presumibilmente per opera dello stesso Mangano.
Tra amici si sa, tutto è concesso. Ma nei giorni scorsi i fondatori di Forza Italia si sono lasciati andare ad alcune dichiarazioni francamente discutibili.