Fiat, Mirafiori: il referendum vinto dai sì con il 54,05%. Marchionne: “Svolta storica”

Passa sul filo di lana il referendum sull’accordo per il rilancio dello stabilimento di Mirafiori firmato il 23 dicembre scorso, da Fim, Fismic, Uilm, Ugl e Associazione quadri. Dopo quasi 10 ore di scrutinio, nei 9 seggi, oltre a quello del turno di notte, il risultato ha assegnato la vittoria al si con 2.735 voti, pari al 54,05%.

Il no si è fermato a 2.325 voti, pari al 45,95%. Per la prima meta’ dello scrutinio, riguardante i seggi dove hanno votato gli operai addetti al montaggio, si era avuta una predominanza del no, poi con lo scrutinio del quinto seggio, quello degli impiegati, il risultato si è ribaltato. In totale i voti validi sono stati 5.060, mentre le schede bianche o nulle sono state 59. I votanti, quindi, sono stati 5.119, su 5.431 aventi diritto.

FIAT, Berlusconi: “Se vince il no giusto andarsene”. Durissimi Bersani e la Camusso

Foto: AP/LaPresse

Il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, in visita ufficiale in Germania, ha preso posizione sul referendum che si sta per svolgere nello stabilimento FIAT di Mirafiori: per il premier, se vincesse il “no” all’ accordo, “le imprese e gli imprenditori avrebbero buoni motivi per spostarsi in altri paesi“. “Ci auguriamo che la vicenda possa avere esito positivo” ha aggiunto.
Immediata la bufera politica, con il leader della CGIL, Susanna Camusso, che ha dichiarato: “Non conosco nessun presidente del Consiglio che si augura che se ne vada il più grande gruppo industriale del paese. Se questa è una gara, è meglio che se ne vada. Il presidente del Consiglio sta facendo una gara con l’ amministratore delegato della FIAT a chi fa più danno al Paese”.
Dura anche la replica del segretario del PD Bersani, che considera “vergognose” le parole del premier, e per il quale”Berlusconi non se ne accorge perchè è un miliardario ma noi paghiamo uno stipendio che a lui parrà misero per occuparsi dell’ Italia e fare gli interessi del Paese e non per fare andare via le aziende”. Sullo stesso tono anche l’ Italia dei Valori, che, in una nota, ha affermato: “Berlusconi è un irresponsabile e oggi, sulla vicenda FIAT, ha gettato definitivamente la maschera. Così si capisce chi lavora per il bene del Paese e chi invece opera contro la legalità costituzionale, l’ interesse dei cittadini e dei lavoratori”.
Diversa, invece, la posizione del leader dell’ UDC Casini, per il quale “Marchionne non è un santo e sta facendo delle forzature evidenti”, ma, aggiunge, “Mi auguro però che i lavoratori votino sì al referendum”. Anche per il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, “Con l’ accordo i lavoratori non perderanno nulla, il Governo è ragionevolmente per il sì come lo sono anche larghi settori dell’  opposizione”.

Cl Rimini, Marchionne: “Fiat Melfi, la dignità non è patrimonio di tre persone”

La Fiat di Melfi rischia di diventare – in senso lato la struttura, in senso stretto la vicenda dei tre operai prima licenziati e poi reintegrati – emblema di un nuovo modo di intendere più di una contrapposizione: il rapporto tra dipendente e datore di lavoro, quello tra diritti e doveri, dati di fatto e Stato di diritto. Se da un lato l’autorità giudiziaria ha ribaltato la decisione del Lingotto di licenziare il terzetto per aver addirittura sfiorato l’accusa di “sabotaggio” nei confronti dell’azienda, dall’altro arriva il pronto intervento di Sergio Marchionne, amministratore delegato della Fiat, nel corso del Meeting di Rimini organizzato da Comunione e Liberazione che si articola in una serie di riflessioni interessanti.

Dal generale al particolare, a partire dalla necessità di percepire il mondo del lavoro in maniera differente: “Fino a quando non ci lasciamo alle spalle i vecchi schemi non ci sarà mai spazio per vedere nuovi orizzonti. Quella alla quale stiamo assistendo in questi giorni è la contrapposizione tra due modelli: uno che si ostina a proteggere il passato, l’altro che guarda avanti. Non siamo più negli anni ’60 e occorre abbandonare il modello di pensiero che vede una lotta fra capitale e lavoro e fra padroni e operai“.