Mafia, chiesto il rinvio a giudizio per il ministro Romano

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Il pm di Palermo Nino Di Matteo e l’aggiunto Ignazio De Francisci hanno depositato la richiesta di rinvio a giudizio con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa per il ministro dell’Agricoltura Saverio Romano, dopo che quattro giorni fa il gip aveva respinto l’istanza di archiviazione chiesta dalla Procura e chiesto  l’imputazione coatta. Adesso dovrà quindi essere fissata l’udienza preliminare, dove un altro gip deciderà se gli elementi di cui dispone l’accusa siano tali da arrivare ad un processo.
Secondo l’accusa, come politico di rilievo prima della Dc, poi del Ccd e Cdu, quindi come parlamentare nazionale, Romano “avrebbe consapevolmente e fattivamente contributo al sostegno ed al rafforzamento dell’associazione mafiosa“, e avrebbe avuto rapporti con diversi esponenti di spicco di Cosa Nostra, come Angelo Siino, Giuseppe Gattaduro, Domenico Miceli, Antonino Mandalà e Francesco Campanella. Il gip parla inoltre di “un quadro preoccupante di evidente contiguità con le famiglie mafiose”.
Romano avrebbe poi appoggiato alle regionali del 2001 la candidatura di Mimmo Miceli, in seguito condannato per mafia, e avrebbe avuto rapporti in particolare con la famiglia mafiosa di Villabate, sostenendo, assieme all”ex governatore siciliano Totò Cuffaro (già condannato per associazione mafiosa) la candidatura di Giuseppe Acanto, gradito al capomafia Nino Mandalà.
Il ministro ha fatto sapere che non intende dimettersi, e, sul rinvio a giudizio di oggi, ha dichiarato:

“Non intendo commentare un atto al quale la procura di Palermo è stata obbligata dopo 8 anni di indagini e due richieste di archiviazione. Continuo a non comprendere come non ci scandalizzi di un corto circuito istituzionale e giudiziario che riguarda chi da un lato ha condotto le indagini e chi dall’altro le ha severamente sanzionate”.

Riesumata la salma del bandito Giuliano. Difficoltà per l’ esame del DNA – FOTO

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I magistrati di Palermo, guidati dal procuratore aggiunto Antonio Ingroia, hanno ordinato la riesumazione della salma dello storico bandito Salvatore Giuliano, che si trova nel cimitero di Montelepre, piccolo paese del Palermitano. In particolare, i giudici, che hanno aperto un‘ indagine per omicidio e sostituzione di cadavere, vogliono verificare se il corpo sepolto è proprio quello di Giuliano, dopo le denunce presentate nei mesi scorsi da storici, giornalisti e da un medico legale. Il sospetto è che si tratti di un sosia, messo apposta  per consentire al vero bandito, ricercato dai carabinieri, di scappare e lasciare l’ Italia. Sulle ossa della salma riesumata, secondo gli investigatori, ci sarebbero fori compatibili con colpi di arma da fuoco, anche se ancora non si può stabilire con certezza se siano gli stessi della foto del cadavere di Giuliano. Inoltre, il procuratore Ingroia afferma di non aver ancora disposto l’ esame del DNA, perchè non c’ è la certezza che si possa fare, anche se il cadavere, “considerando il tempo trascorso, è in buone condizioni”.

La figura del bandito Giuliano risulta a tutt’ oggi, a sessant’ anni dalla morte, assai discussa. Cominciò la sua latitanza nel 1943, a 21 anni, quando, fermato ad un posto di blocco mentre portava due sacchi di frumento, gli vennero sequestrati il cavallo e il frumento, e, quando tentò di allontanarsi, prima i carabinieri gli sparararono sei colpi di moschetto, poi lui reagì, uccidendone uno, e da allora, si nascose fra le montagne di Montelepre. Vennero poi arrestati il padre, che era emigrato negli Stati Uniti, e altri familiari, accusati di proteggerlo, e quando, nel 1944, riuscì a liberarli, costituì con alcuni di loro la famosa banda di Salvatore Giuliano, dedita a furti, traffici illeciti e sequestri di persone.

Report, la banca dei numeri uno

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Report andrà in onda stasera, domenica 15 novembre, alle 21.30 su Rai Tre. La puntata si intitola ”La banca dei numeri uno” di Paolo Mondani.

Ecco la Sinossi:
Con lo scudo fiscale del 2001, poi prolungato fino al 2003, sono stati messi in regola circa 78 miliardi di euro. A fronte di questa enorme massa di denaro sono state inviate circa 90 segnalazioni di operazioni sospette, di cui nessuna che riguardava la Sicilia. Le banche hanno evidenziato poco o nulla proprio grazie alle garanzie di anonimato accordate da quella legge. E quindi non è stato possibile intercettare il denaro sporco frutto di reati di natura fiscale per i quali era stata accordata la non punibilità.