Strage di Via d’Amelio 19 anni fa, la morte di Borsellino

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19 anni fa, in Via d’Amelio, veniva portato a termine l’attentato che uccise Paolo Borsellino, uno degli esponenti principali dell’antimafia di quel periodo. Oggi a Palermo si ricorda quella tragedia e quella figura di Borsellino con la commemorazione ufficiale, al quale stanno partecipando in queste ore Fini e anche il presidente Napolitano.

Fini ha recentemente dichiarato, che per bloccare la mafia all’interno della politica è necessario “non candidare coloro che sono sospettati di avere contatti con la mafia” e anche “non elevare a posti di responsabilità pubblica chi risulta inquisito”. Fini poi conclude con un affondo, dicendo: “La mafia punta a svuotare lo Stato incuneandosi nelle zone d’ombra che possono essere presenti e sfruttando aree di contiguità”, ha rimarcato Fini aggiungendo che “è necessario mantenere alta l’attenzione morale contro l’assopimento delle coscienze”.

Camorra, arrestato consigliere PDL

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Durante la prima mattinata di oggi, i Carabinieri del distretto di Salerno a condotto un operazione per arrestare 6 persone, in merito ad un inchiesta relativa a possibili scambi mafiosi politici. Tra le sei persone arrestate c’è anche l’ex sindaco di Pagani del gruppo PDL. Alberico Gambino è accusato di concussione in concorso ed associazione per delinquere finalizzata allo scambio elettorale politico-mafioso, delitti aggravati dell’attività di agevolazione dei clan Fezza-D’Auria Petrosino, attivo nell’agro nocerino.

Per tutti e sei l’accusa è questa. Gambino, fino a poco tempo fa era il sindaco di Pagani ed insieme al presidente del Paganese calcio e a due esponenti del clan, avevano creato un associazione a delinquere finalizzata al controllo delle attività pubbliche a livello economico. Il tutto si limitava alla zona di Pagani, ma gli introiti economici, sono stati elevati per tutti e sei gli arrestati.

Mafia, chiesto il rinvio a giudizio per il ministro Romano

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Il pm di Palermo Nino Di Matteo e l’aggiunto Ignazio De Francisci hanno depositato la richiesta di rinvio a giudizio con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa per il ministro dell’Agricoltura Saverio Romano, dopo che quattro giorni fa il gip aveva respinto l’istanza di archiviazione chiesta dalla Procura e chiesto  l’imputazione coatta. Adesso dovrà quindi essere fissata l’udienza preliminare, dove un altro gip deciderà se gli elementi di cui dispone l’accusa siano tali da arrivare ad un processo.
Secondo l’accusa, come politico di rilievo prima della Dc, poi del Ccd e Cdu, quindi come parlamentare nazionale, Romano “avrebbe consapevolmente e fattivamente contributo al sostegno ed al rafforzamento dell’associazione mafiosa“, e avrebbe avuto rapporti con diversi esponenti di spicco di Cosa Nostra, come Angelo Siino, Giuseppe Gattaduro, Domenico Miceli, Antonino Mandalà e Francesco Campanella. Il gip parla inoltre di “un quadro preoccupante di evidente contiguità con le famiglie mafiose”.
Romano avrebbe poi appoggiato alle regionali del 2001 la candidatura di Mimmo Miceli, in seguito condannato per mafia, e avrebbe avuto rapporti in particolare con la famiglia mafiosa di Villabate, sostenendo, assieme all”ex governatore siciliano Totò Cuffaro (già condannato per associazione mafiosa) la candidatura di Giuseppe Acanto, gradito al capomafia Nino Mandalà.
Il ministro ha fatto sapere che non intende dimettersi, e, sul rinvio a giudizio di oggi, ha dichiarato:

“Non intendo commentare un atto al quale la procura di Palermo è stata obbligata dopo 8 anni di indagini e due richieste di archiviazione. Continuo a non comprendere come non ci scandalizzi di un corto circuito istituzionale e giudiziario che riguarda chi da un lato ha condotto le indagini e chi dall’altro le ha severamente sanzionate”.

‘Ndrangheta, 11 arresti. Volevano uccidere un magistrato

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Stavano escogitando un piano per uccidere uno dei magistrati di Reggio Calabria, ed è per questo che oggi i Carabinieri di Locri hanno arrestato 11 esponenti dell‘Ndrangheta calabrese, affiliati alla cosca Abbruzzese. Gli undici arrestati, sono accusati di aver pianificato un “imminente attentato alla vita di un magistrato della procura distrettuale antimafia di Catanzaro”.

La cosca Abbruzzese, il mese scorso, era stata già colpita dall’arresto del suo esponente maggiore, Nicola Abbruzzese e dalla condanna del fratello Francesco, disposta dalla Corte di Assise di Cosenza.

Palermo ricorda la strage di Capaci. Polemica fra il procuratore Grasso e il guardasigilli Alfano

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Si è svolta oggi, nell’aula bunker dell’Ucciardone di Palermo, la commemorazione per il diciannovesimo anniversario della strage di Capaci, in cui persero la vita il giudice Giovanni Falcone, la moglie e gli agenti della scorta. Nel capoluogo siciliano erano giunti oltre duemila ragazzi, per partecipare ad una settimana di incontri con vari rappresentanti della magistratura e della società civile.
Al convegno organizzato nell’aula del carcere di Palermo, hanno partecipato invece i ministri Prestigiacomo, Gelmini, Maroni e Alfano, e il procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso, che, intervendo sul tema della riforma della giustizia, ha fatto presente al Guardasigilli Alfano il malcomento della magistratura per i toni accesi usati dal governo contro i giudici.
Ha dichiarato infatti Grasso:

 
Smorzare la tensione? E’ come cercare di dialogare con chi ti prende a schiaffi. Dobbiamo usare il Vangelo e porgere l’altra guancia. La delegittimazione rende infatti tutto più difficile: ci danno del matto, maxiutopisti, cancro da estirpare.

 

E ha aggiunto: “Questa non è una riforma della giustizia“, ma semmai “una riforma del rapporto tra magistratura e politica”.
Il ministro Alfano, a questo punto, per difendere la sua riforma, arriva persino a citare lo stesso Falcone, affermando : “Come voleva proprio Falcone stiamo cercando di conseguire la tanto attesa separazione delle carriere”. Puntuale la replica di Grasso: “Falcone voleva l’autonomia e l’indipendenza della magistratura, però non si può pensare di dichiarare nella Costituzione il pm autonomo e indipendente, e poi togliergli la direzione delle indagini”. 

  

Trattativa stato-mafia, Brusca accusa Nicola Mancino

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Durante l’udienza nell’aula Bunker del tribunale di Firenze, il pentito Giovanni Brusca ha dichiarato che il mittente finale, delle stragi del 1993, era Nicola Minetti. L’udienza si tiene in merito al presunto coinvolgimento tra StatoMafia. Brusca, dichiara che durante una conversazione con Riina, quest’ultimo gli avrebbe dichiarato: “si sono fatti sotto”. “Non mi disse il tramite – ha aggiunto Brusca – ma il committente finale e mi fece il nome di Mancino”.

Lo stesso Brusca ha poi dichiarato che sia Berlusconi che dell’Utri sono completamente estranei alla vicenda: “Con mio cognato parlavamo di Berlusconi e dell’Utri e io gli ho detto che non c’entrano niente con le stragi”.

Caso Ciancimino, indagherà il Csm

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Sarà adesso un’indagine del Consiglio superiore della Magistratura, assieme al Procuratore Generale della Cassazione, ad occuparsi della vicenda di Massimo Ciancimino, il figlio dell’ex sindaco mafioso di Palermo, Vito Ciancimino, le cui rivelazioni sui rapporti fra la mafia e la politica avevano citato in causa diversi esponenti politici di spicco, attuali e del passato. Ciancimino, già condannato per riciclaggio, era stato fermato una settimana fa, a Parma, con l’accusa di calunnia aggravata, su disposizione del procuratore aggiunto di Palermo Antonio Ingroia e dei sostituiti Nino Di Matteo e Paolo Guido. Egli, stando a quanto ricostruito dalla polizia scientifica, avrebbe falsificato un documento, poi consegnato ai magistrati, in cui si menzionava l’ex capo della polizia Gianni De Gennaro.
La decisione del Csm giunge dopo il vertice tenutosi per smorzare le polemiche tra i pm titolari dei vari filoni di inchiesta in cui è coinvolto Ciancimino. Il procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso ha spiegato che ” non ci sono motivi per sollevare contrasto di competenza tra la procura di Caltanissetta e quella di Palermo”, precisando inoltre che ” i prossimi atti che riguardano le indagini su Ciancimino verranno compiuti congiuntamente da Caltanissetta e Palermo”.

Bordighera, sciolto il consiglio comunale per infiltrazioni della ‘ndragheta

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Il Consiglio dei ministri, su proposta del ministro dell’ Interno Roberto Maroni, ha sciolto il consiglio comunale di Bordighera, nella riviera ligure, per infiltrazioni mafiose. Già nove mesi fa, i carabinieri del nucleo operativo di Imperia si erano occupati della questione, con una relazione dettagliata,in seguito anche ad alcune (presunte) minaccie rivolte ai due ex assessori Marco Sferrazza e Ugo Ingenito, ed era stata nominata una commissione ispettiva che aveva consegnato, dopo quattro mesi, una relazione al prefetto di Imperia, Francescopaolo Di Menna. L’ attenzione degli investigatori si è concentrata sopratutto su alcuni appalti sospetti, legati al rifacimento delle spiagge e alle opere successive all’ alluvione che ha colpito la Liguria nel 2006, gestiti direttamente e indirettamente da una ditta facente capo alla famiglia calabrese dei Pellegrino, sotto processo per una faccenda di estorsioni, e su un night gestito dalla stessa famiglia. Secondo l’ inchiesta, il clan avrebbe anche garantito l’ elezione di alcuni collaboratori del sindaco.
Le infiltrazioni di mafia e ‘ndrangheta nella riviera dei fiori avrebbero origini lontane, risalenti addirittura agli anni Sessanta, quando alcuni esponenti della ‘ndrangheta furono mandati “al confino” in queste zone. All’ inizio dell’ anno erano stati arrestati i calabresi Michele e Alessandro Macrì, trovati in possesso di una pistola con matricola abrasa, che in un’ intercettazione dicevano: “Quelli devono morire”, intendendo per “quelli” i carabinieri che avevano redatto la relazione in cui chiedevano lo scioglimento del Comune. In estate erano stati arrestati otto imprenditori, alcuni dei quali considerati “contigui” alla ‘ndrangheta, e in autunno erano state arrestate altre otto persone.

Il pentito Ciaramitaro: “Berlusconi dietro le stragi del ’93”

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Se il “caso Ruby”  sta attualmente mettendo in imbarazzo il premier e in subbuglio l’ intero mondo politico, da Firenze, dove è in corso il processo per le stragi di mafia del ’93, stanno giungendo altre rivelazioni, per ora tutte da verificare, ma che, se confermate, sarebbero altettanto, se non più gravi: il pentito Giovanni Ciaramitaro, infatti, tira in ballo direttamente Berlusconi, che avrebbe “suggerito” gli obiettivi degli attentati. Ciaramitaro avrebbe appreso queste informazioni dall’ allora boss Francesco Giuliano: “Mi disse” ha spiegato” che erano stati dei politici a dirgli questi obiettivi, questi suggerimenti, e in un’ altra occasione mi fece il nome di Berlusconi. La ragione delle stragi era l’ abolizione del 41 bis, l’ abolizione delle leggi sulla mafia. Le bombe le mettevano per scendere a patti con lo Stato.” E aggiunge: “Mi disse che c’era questo politico, che ancora non era un politico, ma che quando sarebbe diventato presidente del Consiglio avrebbe abolito queste leggi. Poi mi disse che era Berlusconi.”

In aula, oggi, ha deposto anche il pentito Pasquale Di Filippo, che ha spiegato: “Da quando avevo 20 anni mi hanno sempre detto che cosa votare politicamente”, e quindi, ha aggiunto, “Nel ’94, quando ci sono state le elezioni in Sicilia, abbiamo votato tutti per Berlusconi, perchè Berlusconi ci doveva aiutare, doveva far levare il 41 bis. “Di Filippo avrebbe parlato di ciò anche con Leoluca Bagarella, allora ai vertici della mafia, specie dopo l’ arresto di Riina,: “Io” ha detto ” mi sono lamentato con Bagarella personalmente, dicend0gli che là (nelle carceri) ci stanno ammazzando a tutti. Perchè ancora non ha fatto niente? Lui mi ha risposto in siciliano: In questo momento lascialo stare perchè non può fare niente.”, e avrebbe aggiunto: “Appena ci sarà la possibilità ci aiuterà.

Palermo ricorda Paolo Borsellino a 18 anni dall’attentato di via D’Amelio

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Una tre giorni di commemorazioni, a Palermo, per conservare eterno il ricordo di Paolo Borsellino. Più di un evento per custodire gli ideali propri del magistrato. E’ da un po’ che Palermo – una bella fetta di palermitani – ha deciso di non voltare la testa, non affossarla sotto la sabbia, non avere paura. L’ennesimo passaggio della voglia di non piegarsi alla malavita lo mettono a compimento le Istituzioni, i privati cittadini. Sabato 18 luglio, domenica 19 luglio, lunedì 20 luglio. Nel 1992, sarebbero stati “vigilia di morte”, poi “morte”, poi ancora “dolore”. Nel 2010 si possono indicare come giorni da bollino rosso (per il caldo record) e quali finestre attraverso le quali custodire indelebile l’esempio di Paolo Emanuele Borsellino (Palermo, 19 gennaio 1940; Palermo, 19 luglio 1992). Evento inaugurale del “week end lungo” commemorativo rappresentato dal momento in cui, nell’Aula Magna del palazzo di giustizia di Palermo, ci si è alzati in piedi. Tutti. Con in mano l’agenda rossa. E’ stato il modo in cui la sezione distrettuale dell’Associazione nazionale magistrati ha dato il là alle cerimonie dopo che nella mattina esponenti e simpatizzanti del comitato “Scorta civica” aveva organizzato un presidio in piazza Vittorio Emanuele Orlando, davanti al palazzo di giustizia, esponendo come simbolo proprio l’agenda rossa.

Mafia, Di Pietro: “Governo piduista, fascista e paramafioso”

di_pietroVogliamo fornire un’alternativa di governo a quello piduista, fascista e, se fosse vero quello che dice Ciancimino oggi, paramafiosa del governo Berlusconi. Non è solo Ciancimino che lo dice ma sono in tanti”. L’ha detto il leader dell’Italia dei Valori, Antonio Di Pietro. L’ex magistrato non usa mezzi termini per commentare la deposizione di Massimo Ciancimino, secondo cui “Forza Italia” sarebbe il frutto di una trattativa fra lo Stato e Cosa Nostra:

E poi la colpa non è di Ciancimino che riferisce dei fatti e consegna documenti, ma molto probabilmente del braccio destro di Berlusconi, che si chiama Dell’Utri ed il quale è stato condannato seppure in primo grado. Gli arresti e i sequestri di beni mica li hanno fatti loro: li hanno fatti le forze di polizia ed i magistrati.

Quegli stessi magistrati che vogliono fermare. È vero o no che questa settimana il governo deve emanare di corsa un decreto legge per evitare che i processi di mafia con le riforme che hanno fatto vengano bloccati? Ringraziasse il governo ed i magistrati ed i poliziotti che riescono lo stesso a fare il loro lavoro.

Ciancimino: “Forza Italia frutto di trattativa fra Stato e mafia”

Berlusconi_sorrideForza Italia è il frutto della trattativa” tra lo Stato e Cosa nostra dopo le stragi del ’92. L’ha detto Massimo Ciancimino durante la sua deposizione al processo che vede imputati il generale Mario Mori e il colonnello Mauro Obinu, accusati di favoreggiamento alla mafia. A riportarlo a Ciancimino junior sarebbe stato suo padre, Vito Ciancimino, ex sindaco di Palermo, che avrebbe avviato la trattativa con i Carabieri e Cosa Nostra dopo le strage di Capaci.

Ddl Valentino, Carofiglio: “E’ l’azzaramento della lotta alla mafia”

Totò RiinaCosì si torna agli anni Sessanta, è l’uccisione e l’azzeramento totale della lotta alla mafia“. E’ il pensiero di Gianrico Carofiglio, magistrato e senatore del Pd a proposito del disegno di legge presentato ieri dal senatore del Pdl, Giuseppe Valentino che prevede che la chiamata in correità da parte di un imputato non potrà avere il valore di prova in assenza di riscontri oggettivi e che riscontri oggettivi dovranno esserci sempre anche per considerare prova le dichiarazioni rese da imputati in procedimenti connessi. “Queste norme spazzano via più della metà dei processi pendenti di mafia” aggiunge il senatore del Pdl. Intervistato da La Repubblica, Carofiglio continua:

Mi chiedo se il ministro dell’Interno Roberto Maroni e i suoi amici leghisti sanno che cosa prepara un pezzo della loro maggioranza e se sono d’accordo su quello che è a tutti gli effetti un azzeramento del contrasto alla criminalità.

Processo Mori, Ciancimino junior: “Mio padre evitò arresto Provenzano”

mafiaProcesso Mario Mori, generale dei carabinieri, per favoreggiamento alla mafia. In questo momento sta deponendo nell’aula bunker del carcere dell’Ucciardone, a Palermo, Massimo Ciancimino, figlio dell’ex sindaco del capoluogo siciliano, il quale identifica il “signor Franco” come esponente dei servizi segreti, che aveva rapporti con il padre Vito. Quest’uomo misterioso fece recapitare a Ciancimino junior le condoglianze di Bernardo Provenzano per la scomparsa del papà.

Quando lo vidi dopo la tumulazione, ebbi un colloquio con lui. Mi diede anche una busta contenente un messaggio di condoglianze che veniva dal signor Lo Verde (il boss Provenzano). Me lo disse lui che era un messaggio che proveniva da Provenzano.

Nel 1990, grazie alle sue amicizie che aveva in Corte di Cassazione, mio padre riuscì a fare annullare l’ordine di custodia che fu emesso dal gip Grillo per la vicenda mafia e appalti.