Fields of Apartheid: perchè boicottare Israele?

Manifestare è un nostro diritto ma non lo è più quando diventa un mezzo creato ad hoc per ostacolare la costruzione di quel futuro di pace che in molti – per fortuna – ancora sognano, auspicano e vogliono in Israele: non è difficile capire quello di cui sto parlando, ossia della protesta che alcuni attivisti hanno messo in atto all’aeroporto di Fiumicino in occasione della mostra “Israele si presenta”. Purtroppo in un certo senso ci si aspettava una cosa simile visto che da qualche mese sono nate diverse iniziative e siti contro la presenza di Israele ad Expo 2015 e chi non conosce bene i fatti, chi vuole solo distorcere la realtà e trasmettere un messaggio assolutamente falso è arrivato a creare lo slogan “Fields of Apartheid” in contrapposizione a quanto ideato e pensato da Israele per l’expo ossia “Fields of Tomorrow”: vale la pena ricordare come la differenza tra i due è netta e chiara.

Accordi segreti tra Netanyahu ed Abu Mazen. Il premier palestinese dichiara. “PRONTI A RICONOSCERE ISRAELE”.


La notizia incredibile.
Abu Mazen a sorpresa durante le prime ore del mattino in un’intervista apparentemente senza nessuna importanza fa una rivelazione che lascia attoniti un pugno di persone presenti nel suo ufficio alla Muqata, la sede dell’ANP. Rivela di aver incontrato segretamente il premier israeliano Netanyahu durante la visita recente di Obama in Israele. “Sono pronto a fare la pace con Israele” dichiara ad Al-Aqsa TV. I giornalisti palestinesi della TV (che è la tv “di stato” di Hamas) sono attoniti, spengono la telecamera e chiedono se si tratti di uno scherzo. Alcuni di loro cominciano a parlare nervosamente al telefono. Ma Abu Mazen fa cenno di continuare e di registrare, in modo che non vada persa neppure una parola: «I palestinesi si meritano un proprio Stato». «In Israele e negli Stati Uniti – ha aggiunto – siamo tutti convinti già da tempo della visione dei `due Stati´ ». Lo Stato palestinese deve essere «indipendente, in grado di sostenersi, dotato di contiguità territoriale, accanto allo Stato di Israele».

La svolta. Mahmūd Abbās – che è accompagnato da Salam Fayyad e dal capo negoziatore Saeeb Erekat, insieme ad un ristrettissimo numero di dignitari – è vestito di scuro e cravatta azzurra e misura le parole con molta lentezza, come fosse a conoscenza di trovarsi in un punto decisivo della storia del conflitto mediorientale o forse per paura di non essere frainteso. “Il mio piano in 5 punti, per l’ottenimento di uno Stato Palestinese riconosciuto da Israele e dagli Stati Uniti con capitale Ramallah :

  • Pieno riconoscimento dello Stato di Israele come stato sovrano con capitale Gerusalemme (territori del 1967 ed ampi scambi per garantire la sopravvivenza di aree densamente popolate come Ma’le Adumim)
  • Rinuncia alla legge del ritorno in cambio di un indennizzo in denaro per l’assorbimento dei profughi palestinese, e smantellamento dell’UNRWA.
  • Internazionalizzazione della spianata delle moschee per permettere a tutte le religioni di accedervi senza problemi
  • Elezioni libere il prossimo autunno sia a Gaza che in Cisgiordania (da chiarire come possano convincere Hamas)
  • A partire dal prossimo anno tutte le armi e materiale bellico trovati in possesso dei civili verranno confiscate e dichiarate fuorilegge (per estensione anche i “militanti” di Hamas saranno quindi da considerarsi fuorilegge a meno che non siano inseriti in reparti regolari della polizia palestinese)

«Il mio messaggio, oggi, – ha detto ancora Abu Mazen rivolgendosi ai suoi – è “non possiamo rinunciare alla pace, non importa quello che dolorosamente dovremmo lasciare sul tavolo”. Il leader palestinese ha sottolineato l’impegno degli Stati Uniti e di Israele per queste trattative segrete nelle quali si è convinto che “il nemico non va demonizzato, e che l’unico modo di arrivare ad una svolta è quello semplicemente di mettersi seduti al tavolo e trattare. Un arte che sia i palestinesi che gli ebrei conoscono bene” ha detto con un sorriso un po’ tirato.

«Il 2013 sarà un anno cruciale per la realizzazione della pace e per dare il via a quelle opere fondamentali per fare in modo che il popolo palestinese possa liberarsi da ogni eredità del passato: per i primi mesi del 2014 la prima pietra dell’autostrada sopraelevata di 45 km che collegherà Gaza alla Cisgiordania senza passare per Israele. “Ma la vera vittoria sarà quando ebrei ed arabi potranno circolare insieme senza più bisogno di autostrade riservate e di forze di polizia speciali”: ha detto un dirigente dell’Anp, Nabil Shaath, citato subito dalla stampa palestinese odierna. Secondo Shaath, sull’agenda palestinese tre sono i punti principali: l’impulso agli sforzi di realizzare la formula dei `Due Stati´; elezioni libere a Ottobre, nuove leggi previste per la fine dell’anno (in particolare quella sulla detenzione illegale di armi), e la creazione di una forza di polizia israelo-palestinese per il controllo degli accessi e delle frontiere.

Problemi. Si attendono per oggi primo aprile molte manifestazioni di protesta contro questa decisione coraggiosa dei vertici palestinesi, soprattutto a Gaza. A Ramallah oggi già dalle prime ore del mattino si nota peraltro un imponente servizio di sicurezza. La presenza degli agenti è massiccia e sui tetti degli edifici più elevati si vedono altri agenti di sicurezza.

Fonte | مجلة نكتة من 1 أبريل
Fonte | http://yenisafak.com.tr/Dunya/?i=246974

 

Attentato in Israele: razzi su due bus. Raid di rappresaglia su Gaza

Torna, purtroppo, a insaguinarsi la Terrasanta. C’è stato infatti un nuovo attentato in Israele, vicino alla città turistica di Eliat, dove questa mattina i terroristi hanno attaccato due autobus di linea, oltre ad unità militari e auto private.
I primi scontri si sono verificati in tarda mattinata sulla statale 12, alla frontiera tra Israele ed Egitto, dove un commando armato ha sparato con dei kalashnikov da una vettura contro un autobus che aveva a bordo decine di passeggeri, tra i quali alcuni militari in libera uscita. Venti persone sono rimaste ferite, e di queste una è deceduta più tardi in ospedale.
Non molto dopo, un secondo attacco contro un veicolo privato, in prossimità di Beer-Ora, fa altre sei vittime, un’intera comitiva familiare di gitanti. Intanto, un’unità militare che stava andando in soccorso del primo autobus cadeva in una trappola minata preparata dagli assalitori, riportando anch’essa diverse vittime. Infine, un terzo gruppo di terroristi, ad alcuni chilometri di distanza, ha lanciato alcuni razzi anticarro contro altre due vetture, provocando altri sette feriti.
Le forze di sicurezza israeliane, dopo aver setacciato la zona con battute a vasto raggio ed elicotteri, hanno ingaggiato un conflitto a fuoco con la cellula di terroristi più numerosa, uccidendo sette di loro.

Libano – Israele: il confine torna linea di morte

Il rischio di banalizzare la complessità, in questo caso, è fortissimo. Si potesse – invece – semplificare: una mano io, una mano tu. Altrochè: ci si stringe a colpi di mitraglia, parlano le bombe, la Storia mostra l’indissolubile padronanza del day by day in cui: a causa, effetto; ad azione, reazione. Si torna a far cronaca nera, politicizzare il contesto sociale, varcare confini invalicabili. Quelli che separano (quotidianamente) i vivi dai morti, i torti dalle ragioni, il Libano da Israele.

Scontri armati in corso ad Adaisse (Libano meridionale monitorato da oltre 10 mila Caschi Blu Onu) tra soldati libanesi e israeliani. Ai politologi da salotto il compito di trovare il bandolo della matassa, noialtri ci si limita al dovere cronacistico. Che racconta la solita verità sguercia fatta di due versioni tra loro in antitesi.

La prima: razzi katiuscia lanciati dal sud del Libano verso il nord di Israele (fonte, Al Arabiya). Pronta replica: fuoco israeliano su Adaisse contro una postazione dell’esercito libanese. Cinque morti: tre soldati (libanesi) e due civili (anch’essi, libanese). Si vocifera del probabile decesso di un ufficiale dell’esercito israeliano (notizia non confermata).

La seconda: militari israeliani, stando alle forze di sicurezza libanesi, avrebbero sconfinato per abbattere uno o più alberi. Da lì, lo scontro.

Berlusconi: Giusta reazione militare Israele su Gaza

Berlusconi IsraeleUna giusta reazione” contro “l’ondata terroristica della seconda intifada”. Così il premier, Silvio Berlusconi, giudica la risposta dello Stato d’Israele ai missili di Hamas lanciati dalla striscia di Gaza.

In visita nello Stato ebraico, il presidente del Consiglio ribadisce la sua amicizia nei confronti di Israele e alla Knesset ricorda: “Per noi, come hanno detto sia il papa Giovanni Paolo II che il Rabbino Elio Toaff, il popolo ebraico è un fratello maggiore”.

Benedetto XVI: “Sconvolto a Yad Vashem”

pioxiiLa Chiesa e il mondo ebraico. Pio XII e l’Olocausto. Incroci particolari, di cui ancora non si conoscono bene le caratteristiche. Benedetto VXI nel discorso alla Curia romana ricevuta in occasione degli auguri per le festività ha parlato della sua vista allo Yad Vashem, museo dell’Olacausto di Gerusalemme: “Un incontro sconvolgente con la crudeltà della colpa umana, con l’odio di un’ideologia accecata”. Una frase che rimbalza dopo il riconoscimento delle “virtù eroiche” di Pio XII. In questi giorni si è riaccesa la polemica sulla beatificazione del Papa, a cui nello Yad Vascem, è dedicata una targa sui suoi presunti “silenzi” riguardo il genocidio ebraico nella Seconda Guerra Mondiale.

Iran, nuovo missile arriva in Israele e nelle basi Usa nel Golfo

bomba-atomicaIran-Occidente. Tensione che aumenta di giorno in giorno. Teheran ha testato con ottimi risultati la versione più evoluta dello Sejil-2, missile a lungo raggio in grado di raggiungere Israele e le basi militari Usa nel Golfo. A riferirlo è il sito di Press Tv. Si fanno, così, sempre più tesi i rapporti fra l’Occidente e la Repubblica islamica anche riguardo il programma nucleare di Israele, che non scarta l’idea di un attacco militare contro gli impianti iraniani.

Nobel a Obama, quasi 10 mila manifestanti contro le armi nucleari

ObamaBarack Obama ha vinto il premio Nobel per la pace. Il riconoscimento al presidente Usa, però, non ha mancato di suscitare polemiche. L’organizzazione non-governativa, “Norwegian Peace Initiative”, infatti, ha portato in piazza quasi 10 mila persone a manifestare per le strade di Oslo contro le armi nucleari. Coloro che hanno sfilato sotto a Grand Hotel, albergo che ospita Obama e la moglie, hanno chiesto la fine del conflitto in Afghanistan e la fine degli insediamenti israeliani nei territori palestinesi.

M.O., Barghouthi: “Abu Mazen ha sbagliato a fidarsi di Usa e Israele”

palestinesiIl leader di al-Fatah in Cisgiordania, Marwan Barghouthi, nel corso di un’intervista rilasciata al giornale saudita “al-Watan” tramite il suo legale ha affermato: “L’errore di Abu Mazen è stato quello di fidarsi delle promesse degli americani e degli israeliani”. “Abu Mazen ha sbagliato a basarsi unicamente sulla politica delle trattative con Israele – ha continuato Barghouthi – e ha sbagliato anche quando ha perso il potere nella Striscia di Gaza. Nonostante tutto ha ottenuto buoni risultati nel processo di riforma democratica dell’Anp e nel porre fine all’anarchia in Cisgiordania”. Secondo il leader di al-Fatah, “per il futuro l’unica cosa da fare è attivarsi subito per porre fine alla divisione tra i palestinesi realizzando il processo di riconciliazione nazionale”. “Bisogna poi ottenere dall’Onu – ha aggiunto – il riconoscimento dello stato palestinese indipendente con Gerusalemme Est capitale entro i confini del 1967”. Per Barghouthi, “il fallimento sta nel fatto che l’Autorità palestinese era solo un mezzo e non un fine per noi”. “Doveva, infatti, esistere – ha spiegato – per un periodo limitato di cinque anni in attesa di avere lo stato palestinese. Invece andiamo avanti da 15 anni e non abbiamo autorità su niente, nemmeno sulla Muqata. Questo perché gli israeliani non fanno la loro parte nel processo di pace”. Barghouthi non risparmia neanche il presidente americano Barack Obama. “Quando è stato eletto e ha tenuto il suo discorso al Cairo c’era grosso ottimismo nel mondo – ha chiosato – ora invece, a un anno dalla sua elezione, abbiamo visto che non ha fatto nulla, ma al contrario ha fatto marcia indietro su molti punti. Tuttavia, è ancora possibile imporre a Israele la nascita di uno stato palestinese indipendente”.

M.O., Netanyauh: “Siamo interessati a colloqui diretti con la Siria”

BenjaminNetanyahuIl premier israeliano, Benjamin Netanyahu, in un intervento di fronte alla Commissione Esteri e Difesa della Knesset, il Parlamento israeliano, ha detto, che Israele è “interessato a negoziati diretti” con la Siria o colloqui indiretti con un mediatore, meglio francese che turco, come vorrebbero a Damasco. “Ho parlato con il presidente francese Nicolas Sarkozy – ha aggiunto – che mi ha detto che la posizione siriana è quella che chiede il ritorno ai confini del 1967″. Secondo quanto riportato da “Ynet” il sito web del quotidiano israeliano “Yedioth Ahronoth”, Netanyahu ha concluso: “Sarkozy mi ha anche parlato della mediazione turca proposta dai siriani e gli ho risposto dicendo che siamo interessati a negoziati diretti. Se ci deve essere un mediatore, io preferisco voi”.

Annozero: l’Annunziata lascia Santoro

Lucia Annunziata se n’è andata ieri dagli studi di Annozero. La conduttrice di “In mezz’ora” ha criticato la “faziosità” della trasmissione di Santoro, a suo avviso al 99,9% schierata a favore dei palestinesi. La trasmissione di ieri, infatti, era incentrata proprio sul conflitto in corso a Gaza.
Lucia Annunziata era stata invitata assieme a Rula Jebreal e a Manuela Dviri per commentare ed analizzare quanto sta accadendo a Gaza. La giornalista ha criticato duramente l’impostazione che Santoro aveva dato alla trasmissione, a suo avviso troppo di parte (strano, un’accusa mai mossa al conduttore di Annozero…). Per tutta risposta, Michele Santoro ha polemicamente risposto alla Annunziata di lasciar perdere critiche che vengono avanzate da anni nei nostri confronti e di passare piuttosto all’analisi dei contenuti (appunto).

A scatenare il dibattito sono state, in particolare, le interviste fatte da Corrado Formigli a ragazzi della comunità palestinese di Milano. Mossa errata per l’Annunziata: certe questioni non si possono affidare a due ragazzine.

Santoro non ha, naturalmente, lasciato passare la critica nell’impunità.

stai acquisendo crediti verso qualcuno criticando la mia trasmissione?

e dopo il battibecco in piena regola l’ex presidente della Rai si è alzata e se n’è andata per protesta.

Giornalismo? In Italia è morto e sepolto da un pezzo.

Striscia di Gaza: Di male in peggio

Non c’è pace per chi vive in quella piccola zona di terra, nota però al mondo intero come se fosse lo stato più grande esistente sul nostro pianeta: la striscia di Gaza. Non parlo dei militanti, non parlo dei politici, ma parlo delle semplici persone innocenti e vittime di una guerra che li riguarda come comparse, ma della quale divengono i protagonisti morendo.

La posizione che è giusto prendere verso una sponda o l’altra è giusto che esista, perchè se Israele ha ripreso con il lancio dei suoi missili qualcosa là, nella striscia di Gaza, da parte dei palestinesi è avvenuto. Ma nonostante questo bisogna cercare di comprendere il dramma di chi questa guerra infinita non la vive, ma la subisce.

Gente normale: donne, anziani, bambini che non riescono nemmeno a ricevere i propri aiuti umanitari chiusi dalle forze militari. Una vita per loro che va di male in peggio, se mai di peggio si potrebbe veramente parlare quando non si sa se, al successivo passo, si sarà ancora in vita.

Israele-Palestina: Ripartono le ostilità

Premetto fin da subito che questo è uno di quei titoli che mai, e poi mai, avrei voglia di scrivere. Soprattutto considerando il fatto che erano ormai mesi che il discorso era finito nel dimenticatoio, o forse per meglio dire in un cassetto, e speravo vivamente di non doverlo tirare fuori più un’altra volta. Invece dopo che dalla metà di giugno era iniziata la tregua tra lo stato di Israele ed Hamas, ecco che dopo circa 5 mesi le ostilità sono riprese.

La strada di Israele passa per le primarie

Divenuto ormai più una moda piuttosto che un utile strumento per la decisione intra-partito, le primarie saranno ancora protagoniste per quanto concerne il futuro di uno degli stati più importanti del Medioriente, Israele. Un paese che, dopo essere finito al centro del mirino della corruzione, con l’inquisizione del suo premier Ehud Olmert, spera con le primarie del partito Kadima, di ripristinare il potere e proseguire con le mediazioni verso quella Palestina storicamente sempre molto lontana.