‘Ndrangheta, maxi sequestro a Roma

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Gli agenti della Dia nella mattinata di oggi, hanno portato a termine un indagine riguardante la ‘ndrangheta portando al sequestro di circa 20 milioni di euro a persone legate alla ‘ndrina dei Gallico di Palmi (Reggio Calabria). Il sequestro è stato disposto dal Tribunale di Roma. Tra i tanti beni sequestrati sono stati localizzati tra Roma, Ardea, Formello e Fiumicino.

Tra le tante strutture private sequestrate, c’è anche l’ormai famoso Caffé Chigi, situato nell’omonima piazza. Oltre a questo, anche l’Adonis, holding del gruppo con varie sedi tra il quartiere Coppedè e i Parioli è stata posta sotto sequestro. Secondo quanto emerso dalle indagini la holding Adonis avrebbe effettuato operazioni finanziarie e acquisti per diversi milioni di euro, pur dichiarando modesti redditi.

‘Ndrangheta, 11 arresti. Volevano uccidere un magistrato

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Stavano escogitando un piano per uccidere uno dei magistrati di Reggio Calabria, ed è per questo che oggi i Carabinieri di Locri hanno arrestato 11 esponenti dell‘Ndrangheta calabrese, affiliati alla cosca Abbruzzese. Gli undici arrestati, sono accusati di aver pianificato un “imminente attentato alla vita di un magistrato della procura distrettuale antimafia di Catanzaro”.

La cosca Abbruzzese, il mese scorso, era stata già colpita dall’arresto del suo esponente maggiore, Nicola Abbruzzese e dalla condanna del fratello Francesco, disposta dalla Corte di Assise di Cosenza.

Bordighera, sciolto il consiglio comunale per infiltrazioni della ‘ndragheta

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Il Consiglio dei ministri, su proposta del ministro dell’ Interno Roberto Maroni, ha sciolto il consiglio comunale di Bordighera, nella riviera ligure, per infiltrazioni mafiose. Già nove mesi fa, i carabinieri del nucleo operativo di Imperia si erano occupati della questione, con una relazione dettagliata,in seguito anche ad alcune (presunte) minaccie rivolte ai due ex assessori Marco Sferrazza e Ugo Ingenito, ed era stata nominata una commissione ispettiva che aveva consegnato, dopo quattro mesi, una relazione al prefetto di Imperia, Francescopaolo Di Menna. L’ attenzione degli investigatori si è concentrata sopratutto su alcuni appalti sospetti, legati al rifacimento delle spiagge e alle opere successive all’ alluvione che ha colpito la Liguria nel 2006, gestiti direttamente e indirettamente da una ditta facente capo alla famiglia calabrese dei Pellegrino, sotto processo per una faccenda di estorsioni, e su un night gestito dalla stessa famiglia. Secondo l’ inchiesta, il clan avrebbe anche garantito l’ elezione di alcuni collaboratori del sindaco.
Le infiltrazioni di mafia e ‘ndrangheta nella riviera dei fiori avrebbero origini lontane, risalenti addirittura agli anni Sessanta, quando alcuni esponenti della ‘ndrangheta furono mandati “al confino” in queste zone. All’ inizio dell’ anno erano stati arrestati i calabresi Michele e Alessandro Macrì, trovati in possesso di una pistola con matricola abrasa, che in un’ intercettazione dicevano: “Quelli devono morire”, intendendo per “quelli” i carabinieri che avevano redatto la relazione in cui chiedevano lo scioglimento del Comune. In estate erano stati arrestati otto imprenditori, alcuni dei quali considerati “contigui” alla ‘ndrangheta, e in autunno erano state arrestate altre otto persone.

‘Ndrangheta, 41 arresti di cui 11 all’estero

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Una nota de Carabinieri rilasciata da poco, informi gli organi di stampa di una vasta operazione contro ‘Ndrangheta. L’operazione dal nome “Il Crimine 2” sta portando all’arresto di ben 41 persone tra cui 11 persone all’estero tra Germania, Canada e Australia. Nella nota dei carabinieri si legge “I carabinieri del Comando provinciale di Reggio Calabria e il Ros (Reparto operativo speciale dei carabinieri)., unitamente alla Squadra mobile della locale Questura, stanno eseguendo una ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal Gip presso il Tribunale, su richiesta della Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria, nei confronti di 41 appartenenti alle cosche della ‘ndrangheta della provincia, indagati per associazione di tipo mafioso ed altro”

Dei 41 arresti messi a segno, 6 sono stati portati a termine in Germania mentre altri 5 tra Canada e Australia.

Maroni: “Saviano, accuse infamanti. Voglio replica con faccia a faccia”. FOTO di “Vieni via con me”

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E’ durissimo il giudizio del ministro dell’ Interno, Roberto Maroni, sul monologo di Roberto Saviano andato in onda ieri sera nel programma Vieni via con me”, nel corso del quale lo scrittore denunciava le infiltrazioni della ‘ndrangheta al Nord e i suoi rapporti con i poteri politici, in particolare con la Lega:”Come ministro e ancor di più come leghista mi sento offeso e indignato dalle parole infamanti di Roberto Saviano, animate da un evidente pregiudizio contro la Lega”, ha affermato Maroni. Che ha aggiunto: “Ho chiesto al Cda della Rai il diritto di replica. Mi ha definito uno dei migliori ministri nella lotta alla mafia e ora vorrei che ripetesse le accuse di ieri guardandomi negli occhi”. Altrimenti, sostiene il ministro dell’ Interno, “sarà dimostrato a tutti che quella è una trasmissione contro la Lega”.

Nel suo intervento di ieri sera, Saviano aveva detto:”La ‘ ndrangheta, al Nord come al Sud, cerca il potere della politica e al Nord interloquisce con la Lega”, e aveva citato un’ intervista all’ ideologo della Lega, Miglio, in cui questi dichiarava di essere favorevole anche al “mantenimento della mafia e della ‘ndrangheta” e affermava che “alcune manifestazioni tipiche del Sud hanno bisogno di essere costituzionalizzate”.

Al ministro ha replicato il responsabile del programma e capostruttura di Rai 3, Loris Mazzetti: “Vieni via con me non è intenzionata ad ospitare il ministro dell’ Interno” ha detto, aggiungendo: “Se noi abbbiamo detto cose non vere si rivolga alla magistratura”. Mazzetti ha affermato anche di non sapere ancora se nel programma saranno ospitati altri politici, dopo che la presenza di Fini e Bersani nella puntata di ieri sera aveva suscitato alcune polemiche.

Reggio Calabria, la ‘ndrangheta attacca lo Stato: bomba per Salvatore Di Landro

Sembrava durare la stagione della tregua, nel corso della quale la criminalità organizzata si limitava ad esistere e curare in maniera attiva affari e traffici illegali ma quanto accaduto nella notte a Reggio Calabria potrebbe scompigliare lo scenario. Eppure, in tale contesto, la ‘ndrangheta non ha mai smesso di farsi sentire e torna a farlo con violenza: nuovo attacco allo Stato attraverso una bomba contro la casa del Procuratore di Reggio Calabria Salvatore Di Landro.

Le cosche lanciano un segnale inequivocabile facendo esplodere l’ordigno in una zona centrale della città (nessun ferito): è accaduto poco prima delle 2, l’ordigno ha divelto il portone d’ingresso, devastato l’atrio e procurato danni ad abitazioni limitrofe. Che l’obiettivo fosse Di Landro, nessun dubbio: è lo stesso magistrato a ribadire che il crimine si fa minaccioso nei confronti di chi compie il proprio dovere. “Contro di me – dichiara in mattinata – a partire dall’attentato a gennaio contro la Procura generale, c’é stata una tensione malevola e delittuosa crescente, da parte della criminalità organizzata, che si è personalizzata. Vogliono farmela pagare, evidentemente, per il fatto che ho sempre ed in ogni circostanza fatto il mio dovere di magistrato“.

Era in casa con sua moglie e al momento dell’esplosione (bomba confezionata molto probabilmente con del tritolo e innescata probabilmente da una miccia a lenta combustione) ha temuto per la vita: immediato l’arrivo delle forze dell’ordine, ivi compresi il procuratore aggiunto Nicola Gratteri e il questore di Reggio Calabria Carmelo Casabona. Non si sono fatte attendere neppure le prime dichiarazioni di solidarietà e fermezza nella lotta al crimine da parte delle figure istituzionalmente più autorevoli.

Legge Bavaglio, 600 emendamenti; P3, dimissioni Cosentino; ‘ndrangheta, Madonna di Polsi: parla Il Crimine

nicola-cosentinoDdl sulle intercettazioni, la nuova costola della P2 a cui è stato cambiato il numero (ora P3: si va in ordine crescente) e la maxi operazione condotta dalle forze dell’Ordine tra Reggio Calabria e Milano con una serie di blitz che hanno portato all’arresto di oltre 300 persone riconducibili alla ‘ndrangheta. Volessimo scattare tre fotorgrafie per raccontare la situazione politica italiana delle ultime ore, il rullino custodirebbe il trittico appena indicato. Momenti e contesti tra loro differenti – vero – nonostante il gioco di volti e assonanze consenta di trovare qualche affinità, determinare parallelismi, trarre conclusioni. La prima: situazione assai delicata per il panorama socio-politico nostrano nel quale accade che – a fronte di un Governo sempre appeso alla precarietà dell’asse Berlusconi-Fini – nemmeno quando è possibile riferire del più grosso colpo inferto alla ‘ndrangheta ci si può esimere dal confermare che – tra arresti e indagati – vi sono nomi di spessore professionale elevato. Direttori sanitari, avvocati, commercialisti e – appunto – politici. La seconda: saranno giorni infuocati. Nel corso dei quali pare necessario fare ricorso – da più parti – all’arte della pubblica relazione. Con ordine.

Ddl intercettazioni, dicevamo. La legge bavaglio. Oggi sono stati presentati undici emendamenti: sei firmati dal capogruppo del Pdl in commissione Giustizia, Enrico Costa, e dal leghista Matteo Brigandì; altri cinque dalla presidenza della commissione stessa e relatrice del ddl sulle intercettazioni, Giulia Bongiorno. Si vanno ad aggiungere agli altri 600 presentati dalle opposizioni (400 solo dal Pd). Motivo per il quale il sottosegretario alla Giustizia, Giacomo Caliendo, chiede maggior tempo per la valutazione. “Vogliamo leggerci con calma tutti gli emendamenti per capire che tipo di parere dobbiamo dare“. In tal caso, assenso trasversale: 48 ore per l’esame, martedì prossimo si vota.

In memoria delle vittime di mafia

Il 19 luglio di 16 anni fa, Paolo Borsellino e la sua scorta venivano assassinati. A loro, a Peppino Impastato, di cui quest’anno ricorre il trentennale della morte, e a Rocco Gatto ucciso dalla ‘ndrangheta a Gioiosa Ionica nel 1977, i Têtes de Bois dedicano una tappa speciale del loro tour all’interno de “I Concerti del Parco” in programma ieri alle 21 a Roma. Ha partecipato anche Marco Paolini.
Ho letto questo trafiletto. Mette su molta tristezza. Necessaria.
Il 19 luglio di 16 anni fa, Paolo Borsellino e la sua scorta venivano assassinati.

Riformare il 41 bis. A proposito di emergenze

“La 41 bis e’ una norma intrisa del sangue e dell’intelligenza di due grandi magistrati come Falcone e Borsellino, ma nel corso degli anni ha subito un sostanziale depotenziamento”. Lo ha detto a Sky Tg24 il procuratore generale della Procura di Torino, Gian Carlo Caselli. “Certamente serve un aggiornamento sulla base delle esperienze acquisite e dei mutamenti avvenuti in questi anni”.
La dichiarazione del procuratore Caselli giunge all’indomani dell’ennesima decisione di un Tribunale di sorveglianza, chiamato a pronunciarsi sull’ennesima richiesta di revoca dell’applicazione dell’articolo 41 bis da parte dei legali di un condannato per reati di mafia. L’articolo in questione, inserito nella legge 354 del 26 luglio 1975, in materia di ordinamento penitenziario, prevedeva originariamente al primo comma la possibilità per il ministro della Giustizia di sospendere l’applicazione delle normali regole di trattamento dei detenuti previste dalla stessa legge in casi eccezionali di rivolta o di altre gravi situazioni di emergenza ovvero, quando ricorrano gravi motivi di ordine e di sicurezza pubblica, nei confronti dei detenuti (anche in attesa di giudizio) per reati di terrorismo o eversione.
Entrato ufficialmente in vigore nel 1986 con la legge Gozzini, il 41 bis è stato allargato ai reati di mafia dopo (!) le stragi di Capaci e via D’Amelio del 92, in cui persero la vita Giovanni Falcone e la moglie Francesca Morvillo, Paolo Borsellino e gli uomini della scorta. Un secondo bis fa da qui giorni capolino sotto il secondo comma dell’articolo 41 bis

Gomorra, il giorno del giudizio

Una doppia paginata su la Repubblica di ieri, a firma Roberto Saviano, descrive mirabilmente le fasi conclusive di quello che può essere considerato il più importante processo di mafia dai tempi del MAXI di Palermo,oltre 20 anni fa. Ed è, oltre che un lucido pezzo di cronaca giudiziaria, anche e soprattutto una “chiamata alle armi” per la società civile. Con una speranza ed un monito: che cresca sempre più la consapevolezza della gente affinchè non finisca, ancora una volta, tutto nell’oblio.
SPARTACUS è il nome del processo che domani o dopodomani giungerà all’inizio della fine. Si chiuderà la prima parte, verranno lette le prime sentenze di secondo grado. 31 imputati, per sedici dei quali è stato chiesto l’ergastolo, il processo di mafia più importante degli ultimi vent’anni. Spartacus: il nome non è stato scelto a caso. È un omaggio a Spartaco, il gladiatore tracio che nel 73 avanti Cristo insorse contro Roma. Partendo dalla scuola gladiatoria di Capua con un pugno di uomini, riuscii a raccogliere schiavi, liberti, gladiatori d’ogni parte del meridione.
Che un processo prenda il nome di un ribelle, di uno schiavo fuorilegge che sfidò Roma – la culla del diritto – è qualcosa di unico per la storia della giustizia. Questo processo è stato chiamato Spartacus con l’idea che il diritto potesse liberare queste terre schiave dal potere dei clan e dell’imprenditoria criminale. Con il sogno che un processo potesse innescare la sollevazione di un territorio, credendo che la vera rivoluzione qui consista nella possibilità di agire legalmente: senza sotterfugi, alleanze, raccomandazioni, appalti truccati e aziende dopate dal mercato illegale.
Spartacus è il risultato di una enorme indagine condotta dal 1993 al 1998 dalla Procura Antimafia di Napoli, ossia dai Pm Federico Cafiero De Raho, Lucio Di Pietro, Francesco Greco, Carlo Visconti, Francesco Curcio e poi Raffaele Cantone, Antonello Ardituro, Marco Del Gaudio e Raffaello Falcone. E mentre molta parte l’Italia e d’Europa continuerà a pensare che si sta celebrando un processo contro una banda criminale, l’ennesima del sud Italia, in realtà le carte processuali, le audizioni, i più di mille imputati nelle gabbie, parlano di un potere enorme che va considerato una delle avanguardie dell’economia di questo paese.

Agenzia delle Entrate. Redditi per tutti, dall’alto della colonna infame

colonna infame
La colonna infame. Così l’ha definita Beppe Grillo. L’agenzia delle entrate ha messo on line tutti i redditi dichiarati dai cittadini italiani nel 2005. E’ notizia vecchia, già, con strascichi sempre nuovi.
Perchè la colonna infame. Alessandro Manzoni descrisse la storia dell’intentato processo a Milano, nel corso della terribile peste del 1630 contro due presunti untori. Presunti ritenuti responsabili del contagio pestilenziale, effettuato attraveerso misteriose sostanze. Il tutto partì da un’accusa, non fondata, di una donnicciola del popolo, tale Caterina Rosa.
La Storia colloca il processo nell’estate del 1630. L’epilogo è stato la condanna capitale di due innocenti, Guglielmo Piazza e Gian Giacomo Mora, e la distruzione della casa di quest’ultimo. Proprio al posto dell’abitazione, a monito eterno, venne eretta la colonna infame.

Il Capo dei Capi 2.0

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La risposta ai provocatori murales raffiguranti il boss Matteo Messina Denaro in stile Andy Warhol non dice tutto della situazione sociale del sud Italia, ma quasi. Pochi giorni dopo la diffusione della notizia – e delle immagini multicolori – dell'”apparizione” di disegni dell’erede di Bernardo Provenzano su alcuni muri della città di Palermo, quegli stessi muri, di quella stessa città, hanno cominciato ad ospitare alcuni poster con la celeberrima fotografia dei giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino a colloquio durante una conferenza, accompagnata dalla scritta “Nel vostro ricordo per arrestare tutti i latitanti”.
La scelta dei due magistrati martiri, la cui storia è emblematica dell’impegno che gli uomini possono portare avanti nella lotta alla criminalità organizzata, è obbligata. A tutt’oggi, sono loro – unitamente agli uomini che con loro hanno perso la vita per la stessa causa – i simboli dell’antimafia in Italia. Giusto. L’iniziativa altamente simbolica portata avanti dall’associazione Contromafia, promotrice dei “contromurales”, è lodevole, però…
Però, riuscite ad immaginare se al brand del boss fosse stato accostato il nome, la faccia, una foto di un giudice impegnato nella lotta alla mafia oggi?

La cimice, il corvo e la Fata Morgana

Dalle coste di Calabria e Sicilia è possibile, in particolari condizioni atmosferiche, apprezzare un fenomeno ottico definito Fata Morgana. Guardando l’orizzonte nelle giornate di grande caldo estivo si ha la sensazione che i due lembi di terra si tocchino, “annullando” temporaneamente la visione dell’acqua. Ciò è dovuto ad uno scherzo della luce che, rifrangendosi a causa dell’umidità in molteplici strati dell’atmosfera genera questa sorta di miraggio.
E’ di questi giorni la notizia del ritrovamento di una cimice in una delle stanze della Procura della Repubblica di Reggio Calabria. La stanza in questione è quella usata abitualmente dal pm Nicola Gratteri per svolgere i suoi interrogatori. Gratteri – titolare tra l’altro delle inchieste sulla strage di Duisburg nonchè sui presunti brogli sul voto estero che vedono coinvolto anche il senatore Sergio De Gregorio – è stato dunque ascoltato segretamente. Spiato.
La natura della cimice ha fatto concludere agli investigatori che lo spione è all’interno del Palazzo di giustizia: la ricezione del segnale infatti consente l’ascolto ad un massimo di venti metri di raggio dal punto in cui è stato posizionato il congegno. Le lettere anonime poi, che da qualche giorno stanno circolando sulle scrivanie di alcuni magistrati reggini la dicono lunga della delicatezza della situazione della giustizia in Calabria.
Alzi la mano chi non ha pensato al Palazzo di giustizia di Palermo di fine anni ottanta apprendendo ciò che sta succedendo negli uffici della Procura della Repubblica di Reggio Calabria in questi giorni.

Break the Mafia!

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L’eco delle proteste da parte dei cittadini per l’assenza della parola mafia in questa campagna elettorale è stata – come ampiamente previsto – colmata con la discesa del pullman del piddì in Sicilia e Calabria, poi seguita a ruota da alcune fiacche dichiarazioni del Cavaliere in visita a Catanzaro.
Elezioni e mafia.
Un accostamento delicato di questi tempi, se è vero come è vero – ed è vero – che, come ricordava lo scrittore Roberto Saviano domenica sera in tv da Fazio, ci sono zone d’Italia dove un voto costa 50 euro. Snocciolando alcune fredde statistiche, il coraggioso scrittore napoletano ha poi quantificato il “fatturato” annuo della criminalità organizzata. Di gran lunga “l’azienda” con il maggior fatturato in Italia e tra i primi posti in Europa.
Uolter dice che se vincerà le elezioni “distruggerà la mafia”.