Quali sono le città che spendono di più per la protezione civile

Della protezione civile non fanno più parte soltanto le forze armate ma possono entrare nel sistema anche associazioni di volontariato e privati cittadini. Il coordinamento resta centrale, anche perché la Protezione Civile entra in campo quando si parla di eventi ad alto rischio, come il terremoto. 

Openpolis e Openbilanci hanno provato a fare chiarezza sull’investimento che le città fanno nella protezione civile scoprendo che in molte grandi città la spesa procapite resta al di sotto dell’euro. Prima però c’è un quadro generale che vale la pena ricordare:

In caso di calamità naturali o altre emergenze, la protezione civile è la prima struttura deputata a intervenire. In base alla legge 225 del 1992, il servizio di protezione civile non è più offerto solo da organizzazioni istituzionali, come i vigili del fuoco, l’esercito o altri enti pubblici. Anche associazioni di volontariato e organizzazioni di privati cittadini possono essere inseriti nel sistema, il cui coordinamento spetta a un dipartimento istituito presso la presidenza del consiglio.

È stato quindi misurato quanto spendono i maggiori comuni italiani e sono state considerate le risorse per coprire le spese destinate alla protezione civile locale, incluse quelle per la costruzione o l’affitto di locali da destinare all’attività. Perché investire poco e lamentarsi poi delle modalità di gestione delle emergenze? Questa domanda andrebbe rivolta soprattutto ai cittadini delle città che investono meno di un euro a residente nella protezione civile. Rientrano nell’insieme Torino che è decima con 0,98 €, Milano che spende 0,91€, Padova (€ 0,84), Bologna (€ 0,7), Bari (€ 0,34) e Trieste (€ 0,24).

Diverso è il caso di Venezia che è la città che spende di più per la protezione civile, ben 8,48 euro a residente. Al secondo e la terzo posto ci sono Napoli e Roma, che investono rispettivamente 4,37 e 3,02 euro.