Pd, tutto Veltroni: “Non discuto Bersani ma il partito deve essere altro”

Walter Veltroni torna a disquisire degli equilibri (precari) che interessano il Partito Democratico e coglie l’occasione della video chat con i lettori di repubblica.it per affrontare in maniera trasversale ciascuna delle criticità che insistono in seno al Pd.

Ha parlato del segretario – Pier Luigi Bersani – ma anche dell’opportunità di pensare a una leadership proveniente dall’esterno (come avvenne con Romano Prodi ai tempi – fausti – dell’Ulivo); el lavoro – positivo – di Nichi Vendola e del senso di un documento redatto da Veltroni e dal suo entourage nel quale l’ex segretario chiede il ritorno allo spirito maggioritario.

Allenaze e candidati, sottolinea l’ex primo cittadino della Capitale, vanno fatte solo dopo aver costruito il partito. I punti salienti dell’intervento di Veltroni:

IL PIDDI’.Non può essere un partito di un tempo che non c’è più. La cosa peggiore sono le ipocrisie e i colpi bassi, voglio un Pd aperto e maggioritario. Non  faccio correnti, ma limitarsi ad invocare l’unità è una sindrome tipica dei momenti di difficoltà. Fare del bene al Pd significa chiedersi perché le cose non vanno. Nel momento di massima difficoltà del centrodestra, siamo ai minimi (i sondaggi accreditano il Pd al 24%: ai tempi di Veltroni segretario si oscillava tra una percentuale di gradimento compresa tra il 31% e il 34%, ndr). E questo perché non si vede un’alternativa chiara, nitida e forte a Berlusconi, un’alternativa capace di parlare agli italiani. C’è bisogno di una grande innovazione“.

LEADERSHIP.Bersani è il leader ma il prescelto può anche venire dall’esterno come con Prodi. Vendola vuole aggregare un’area e portarla in un rapporto con il Pd, credo che questo sia utile e positivo. La discussione su chi deve fare il leader divide a basta. Per quanto mi riguarda, quando è stato il momento mi sono dimesso, dopo essermi caricato le responsabilità di chi faceva finta di nulla. Allora non ho chiesto nulla e ora non mi candido a nulla“.

ALLEANZE. Di Pietro deve scegliere quale identità vuole avere, se quella riformista o quella degli attacchi a Napolitano. Abbiamo puntato sull’alleanza con l’Udc ma lo scenario politico è cambiato con l’arrivo di Fini, che resta un uomo destra: la nascita del centro rende urgente la vocazione maggioritaria del Pd, altrimenti  si rischia di consegnare l’Italia ad un nuovo centrodestra“.

DOCUMENTO.Fare un documento non è spaccare il partito. Dentro non c’è una parola contro Bersani, che non metto in discussione. Ma al disagio che c’è non si può dire solo stiamo uniti. Restare nela melassa è un male“.

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