Non si può dire che lo sport sia il pallino degli italiani

Il no alle Olimpiadi della Giunta Raggi ha fatto molto discutere ma l’Italia è davvero un paese di amministrazioni “sportive”? La risposta è nei dati sugli investimenti negli impianti sportivi dello Stivale. Un report redatto da Openpolis partendo dai bilanci delle città. 

Iniziamo proprio dalla Capitale, da Roma, che non solo non ha accolto le Olimpiadi ma in generale dedica pochissimi soldi alla cura degli impianti sportivi. Si stimano che siano spesi appena 16 centesimi per ogni abitante nella cura delle strutture da destinare a qualsivoglia sport.

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Il problema posto dalle scelte della neo Giunta a Cinque Stelle riguarda l’interpretazione delle Olimpiadi: sono una fonte di reddito, un’opportunità da cogliere o sono soltanto una zappa sui piedi? Per alcuni è soltanto uno spreco che si aggiungerebbe ad altri sprechi già noti, basta guardare alle strutture abbandonate dopo i mondiali di nuoto. C’è anche da dire che sono proprio poche le città che investono nello sport. In fondo mantenere stadi, palazzetti ed altri impianti sportivi non è un gioco semplice.

Considerati tutti i costi che i comuni sostengono per la manutenzione e la costruzione di impianti sportivi comunali, escluse le piscine, considerati i costi di funzionamento ordinario degli impianti, quindi anche le spese per il personale e l’acquisto del materiale necessario per le attività sportive, nonché per la manutenzione straordinaria degli impianti stessi, scopriamo che ci sono comuni virtuosi come Trieste e comuni meno virtuosi come Roma.

Se Trieste investe “nello sport” ben 20,24 euro procapite seguita da Torino (18,36 €) e Catania (17,14 €), ci sono anche città grandi come Bologna, Napoli, Milano, Bari, Genova, Palermo e Roma che investono meno di 10 euro procapite. Per l’esattezza si va dai 9 euro bolognesi ai 0,16 € romani passando per gli 8,74 € di Napoli, gli 8,43 € di Milano, i 5,63 € di Bari, i 4,5 € di Genova, i 2,81 € di Palermo.

Insomma il no della Raggi alle Olimpiadi può essere interpretato come il riflesso della scarsa cultura sportiva del nostro Paese?