Legge 270 del 21 dicembre 2005, ovvero il Porcellum

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Il voto utile, il voto inutile, il voto disgiunto, il voto di scambio. Il voto. OK, ma cosa è il voto, e come si vota?


Politicalive, approfittando del silenzio pre-elettorale scattato alla mezzanotte, inaugura oggi un nuovo spazio dedicato agli approfondimenti sulle nostre leggi. Per cominciare, naturalmente, la legge elettorale italiana, conosciuta anche come Porcellum, dal nome datole dallo stesso estensore della legge, l’allora ministro per le riforme, il leghista Roberto Calderoli e che prosegue la tradizione inaugurata dal politologo Giovanni Sartori che, nel 1993 usò per primo un latinismo – Mattarellum – per definire la legge a firma Sergio Mattarella. Seguirono poi il Tatarellum ed infine appunto il Porcellum.


Tralasciando le note di colore sul perchè e sul per come sia stata fatta questa scelta, ci soffermeremo oggi su una trattazione asettica, per quanto possibile, della legge in questione.


La legge 270 del 21 dicembre 2005, sancisce di fatto un repentino cambio di rotta rispetto alla strada intrapresa dall’Italia negli ultimi anni. Si è passati infatti da un sistema elettorale marcatamente maggioritario ad uno dichiaratamente proporzionale. In realtà si è trattato di un ritorno al passato, in qualche modo, considerata la natura proporzionale di tutte le leggi elettorali dal dopoguerra al 1993.


Il sistema maggioritario, in estrema sintesi, è basato su un collegio uninominale che viene assegnato a colui che vince l’elezione in quella sfida. Secondo i suoi estimatori, porta con sè una cifra di governabilità e di maggiore democraticità rispetto agli altri metodi perchè, la necessità di raggiungere l’obiettivo – nulla lasciando a chi arriva anche secondo – spinge i partiti a coagularsi attorno ad una coalizione prima ancora delle elezioni, favorendo di fatto l’affermazione di un sistema bipolare, formato cioè soltanto da due grandi competitor.


Il secondo, il sistema proporzionale, si basa principalmente sull’assegnazione dei seggi in circoscrizioni elettorali plurinominali, suddividendoli fra le varie liste in proporzione ai voti ottenuti. I suoi sostenitori sottolineano la democraticità e rappresentatività di questo metodo, che permette di fotografare la situazione reale del Paese. Per il calcolo definitivo dei seggi questo sistema prevede una serie di variabili, a seconda delle quali il sistema si caratterizza come più o meno proporzionale.


Altro elemento importantissimo che entra in gioco nei sistemi proporzionali è il voto di preferenza, ovvero la possibilità o meno, da parte del corpo elettorale, di esprimere una o più preferenze su singoli candidati. In assenza del voto di preferenza, l’elettore si troverà di fronte alle cosiddette liste bloccate, sarà ovvero nell’impossibilità di scegliere un singolo candidato, limitandosi a esprimere la sua preferenza sul partito scelto, che avrà preventivamente predisposto delle liste di candidati, dette appunto bloccate.


Le leggi elettorali proporzionali fissano poi un tetto minimo di preferenze affinchè un partito ottenga rappresentanza parlamentare. Nel caso della legge 270 tale sbarramento è fissato al 4% alla Camera (quindi su base nazionale), e all’8% al Senato (ma su base regionale). Il Porcellum, dunque, è una legge proporzionale, ma caratterizzata da elementi maggioritari importanti. Come il premio di maggioranza, previsto per chi si aggiudica la maggioranza relativa dei voti.


La rappresentanza parlamentare italiana però si basa sul cosiddetto bicameralismo perfetto, nel senso che è composta da due rami – la Camera dei deputati ed il Senato – uguali nelle loro funzioni legislative. Le legge elettorale vigente in questo senso stabilisce che il metodo per l’elezione dei rappresentanti delle due camere non sia poi così perfetto. Tutto questo proprio a causa del premio di maggioranza.


Stabilendo che suddetto premio alla Camera – dove il computo dei voti è su base nazionale – darà un solo vincitore a cui andrà la maggioranza della rappresentanza “rimpolpata” dal premio di maggioranza, ma non al Senato dove il premio è assegnato su base regionale, la difficoltà ad avere un anche un Senato “stabile” dipenderà dall’esito delle urne nelle singole regioni. Meglio, per ottenere un Governo stabile e legittimato a governare, il partito vincitore dovrà aggiudicarsi, oltrechè la maggioranza nazionale per la Camera, soprattutto la maggioranza in un numero considerevole di regioni.


Insomma per governare con questa legge è necessario una sorta di plebiscito. Altrimenti son dolori, come constatato dall’ultimo governo Prodi. L’aggiunta poi, a partire dal 2006, dell’elezione di 18 tra deputati e senatori in una circoscrizione detta estera, in cui vengono eletti candidati votati dai cittadini italiani residenti all’estero, rende il quadro ancora più complicato.


Per evitare di sbagliare – qualunque sia il vostro orientamento – ricapitoliamo adesso “come” votare, ossia come esprimere senza errori la propria preferenza, o quello che ci è rimasto da “preferire”. Su ognuna delle due schede – per Camera e Senato – gli elettori dovranno limitarsi a segnare una crocetta sul simbolo del partito prescelto, facendo però attenzione a non “sconfinare” sugli altri simboli, pena l’annullamento della scheda.


Non dimenticate tessera elettorale e documento d’identità. Fate attenzione e buon voto.

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