Lavoratrici statali in pensione a 65 anni

Lavoratrici statali in pensione a 65 anni a partire dal 2018. Dal 2010 l’età pensionabile delle dipendenti pubbliche verrà innalzata gradualmente fino a raggiungere la parità con i colleghi maschi. Il provvedimento, curato dalla senatrice Bonfrisco (PdL) non è nulla più che un tentativo, pure tardivo, di recepire una direttiva Europea che chiedeva di equiparare l’età pensionabile fra uomini e donne.

Il fatto che la notizia oggi sia sulle prime di tutti i giornali è piuttosto significativo di una certa distorsione. La CGIL si arrabbia e cerca di sostenere una posizione difficile. L’idea espressa dal sindacato è che siccome non c’è vera parità fra lavoratrici e lavoratori in (quasi) nessun settore dell’impiego pubblico, non ha senso parificare l’unico aspetto che non entra nel merito della qualità del lavoro, quale è appunto l’età pensionabile.

Lungi da me difendere l’operato di questo governo in materia di lavoro, ma quanto fa male alla già vituperata credibilità della CGIL schierarsi fermamente contro un provvedimento che ci viene imposto a livello europeo e il cui “non-recepimento” può comportare sanzioni? Dov’è stata la CGIL in tutti questi anni di evoluzione delle disparità sociali fra lavoratrici e lavoratori, di involuzione dei diritti, di continuo peggioramento delle condizioni di lavoro, di aumento del lavoro nero?

Su un altro fronte è necessario invece chiedersi: perché l’unica opposizione (nel merito si può concordare o meno, ma non importa) che ci permettiamo oggi in Italia, la fa un sindacato?

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