Kenya: E’aperta la caccia al Kikuyu

Da alcuni giorni ormai in Kenya è aperta la caccia al Kikuyu. Non si tratta di una specie animale particolarmente preziosa o in via d’estinzione ma di un’etnia tribale del paese. Un’etnia che da ormai un mese è presa di mira da tutte le altre per i sospetti di broglio elettorale, per le presidenziali che hanno visto vincere il leader uscente Mwai Kibaki.

Scontri sempre più sanguinosi e violenti, di qualsiasi genere e specie dalle lapidazioni ai roghi, si stanno svolgendo in questi giorni nella regione di Nakuru, capoluogo della provincia della Rift Valley. Una situazione che, fino a questo momento in cui scriviamo, ha portato circa 70 cadaveri causati dagli scontri, ma con una stima sempre pronta a salire.

Le morti ormai avvengono in entrambe le fazioni. Da una parte c’è tutto un paese contro i Kikuyu, colpevoli di aver vinto “rubando” durante le ultime elezioni e presi di mira da assalti e violenze senza esclusione di colpi dalle tribù avversarie. Dall’altra c’è il calvario della tribù Luo, guidata dal leader dell’ODM Raila Odinga, presa di mira dalla polizia, che non mostra problemi a utilizzare il machete per sedare e disperdere le manifestazioni che nascono per le strade.


In un clima di violenza e di terrore non è solo la questione amministrativa la causa di tanta violenza. Si denota infatti un vero è proprio ritorno al passato, con le rivalità tribali a farle da padrone prima ancora della diplomazia, della democrazia e della civiltà. Rivalità che lasciano il tempo che trovano per un paese che voleva rilanciare la propria immagine.

Vincere per forza, per perdere il paese. Se, come io penso, Kibaki ha truffato le elezioni solo per permettere al paese di mantenere una politica economica forte e decisamente occidentale, allora vedere il Kenya in queste condizioni dovrebbe incentivarlo a fare qualcosa. A costringere i suoi seguaci a tirarsi indietro, a fermare le forze dell’ordine nei loro atti di violenza.

La ricerca del dialogo rende un paese civile. L’uso della penna anziché della spada. Un’idea, questa, che il Kenya sembra aver perduto proprio quel 27 dicembre, e che pare non riesca più a ritrovare perso nei meandri dell’istintività. Ragionare a mente fredda e non agire seguendo i violenti spiriti che troppo spesso portano a fatti e vicende sgradevoli per l’immagine del paese.

Troppi eventi di facciata si sono visti. Troppe false strette di mano. Che non convincono nessuno, prima di tutto gli elettori, che sentono la necessità di non essere presi in giro. Questa falsità ha portato ad una caccia all’uomo, anzi ad una caccia all’etnia. Tutti contro tutti, ognuno insieme a nessuno.

Quel 27 dicembre si doveva diventare entrare in qualcosa di più grande, non si è fatto altro che sentirsi più soli.

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