E con questi fanno… 346

346. Tanti sono i morti che ha portato il violento dopo-elezioni keniano. Un dato aggiornato nelle ultime ore, con i quattro manifestanti uccisi a Migori, nella provincia occidentale di Nyanza, durante un assalto al commissariato di polizia. E questo solo secondo i dati ufficiali.

Ma nonostante i “numeri”, che riportano una situazione tragica per il paese più importante dell’Africa orientale, la situazione sembra finalmente in via di risoluzione, sia grazie ad una mediazione internazionale sia grazie ad un intervento giudiziario “super-partes”.


Per quanto concerne la mediazione internazionale, due sono i nomi di spicco che si pongono come punti di incontro tra le due fazioni in conflitto. Il primo è John Kuffour, il segretario generale dell’Unione Africana, che sta cercando di far valere la propria posizione allo scopo di riavvicinare le due tribù (i Kikuyo e i Luo) che maggiormente sono state protagoniste di questo scontro. Il secondo, non per importanza quanto per velocità di intervento, è monsignor Desmond Mpilo Tutu, l’arcivescovo anglicano già intervenuto nella lotta contro il regime dell’Apartheid. Si spera che l’intervento del religioso permetta alle parti di placare gli animi in questa lotta, che di “democratico” purtroppo ha ben poco.

Come anticipato in testa all’articolo in Kenya non stanno intervenendo solo “diplomatici” internazionali, ma si sta cercando una soluzione dall’interno, come appunto ci si aspetta da un paese che vuole mostrare al mondo di avere sotto controllo la situazione. A tal proposito il procuratore generale del Kenya, Amos Wako, si è espresso in maniera favorevole alla apertura di un inchiesta sull’esito delle presidenziali del 27 dicembre supportato dall’apporto degli osservatori internazionali. Il commento di Wako, rilasciato in un’intervista alla televisione nazionale, è rassicurante e deciso:

E’ necessario avviare immediatamente un riconteggio dei voti espressi affinché siano confermati da un soggetto o da un organismo indipendente e accettato dalle parti. Tale azione puo’ essere avviata anche senza la disposizione di un tribunale e senza una richiesta della commissione elettorale. Nel nostro Paese non si e’ mai vista una violenza di tale livello e natura e il rischio e’ che degeneri in una catastrofe di proporzioni inimmaginabili. Se lasciata fuori controllo spacchera’ l’impalcatura economica e sociale della nostra nazione.

La speranza è che l’intervento di Wako tranquillizzi la parte lesa, l’ODM di Raila Odinga, che, in qualsiasi caso, ha organizzato un incontro pacifico per l’8 di gennaio. Con la speranza che le intenzioni rispettino poi la realtà.

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