Sicurezza, la Consulta boccia i “sindaci-sceriffi”

Foto: Ap/LaPresse

La Corte Costituzionale ha sancito un’altra bocciatura di parte delle misure del “pacchetto sicurezza” varato dal governo nel 2008, quelle relative ai poteri attribuiti ai “sindaci sceriffi” che avevano potuto così adottare in molte città misure anti-prostituzione o anti-accattonaggio. In particolare, la Consulta ha bocciato la legge 125 del 2008 nella parte in cui consente al sindaco di adottare provvedimenti ” a contenuto normativo ed efficacia a tempo indeterminato” per prevenire ed eliminare gravi pericoli che minacciano la sicurezza urbana, anche al di fuori dei casi di “contingibilità e urgenza”. La Corte Costituzionale aveva già bocciato il reato di clandestinità e la sanzione penale per gli extracomunitari che per il loro stato di indigenza non possono adempiere all’ ordine di espulsione.
Era stato il Tar del Veneto a sollevare la questione, dopo che ad esso si era rivolta l’ associazione ” Razzismo stop” contro l’ ordinanza anti-accattonaggio del sindaco di Selvazzano Dentro. Per i giudici costituzionali, le norme sui “sindaci sceriffi” sarebbero in contrasto con tre articoli della Costituzione, l’ articolo 3, sull’ uguaglianza dei cittadini, l’ articolo 23, riguardante la riserva di legge, e l’ articolo 97, riguardante il principio di legalità sostanziale in materia di sanzioni amministrative .

Diverse le reazioni politiche a questa decisione della Consulta: per Sergi0 Chiamparino, sindaco di Torino e presidente dell’ Anci (Associazione nazionale comuni italiani), “Il pronunciamento della Corte Costituzionale non lascia sorpresi”, poichè l’ Anci, già nella fase di preparazione della norma, riteneva necessario che “l’ ampliamento degli strumenti e dei poteri per fronteggiare la crescente domanda di sicurezza che viene dai cittadini fosse disciplinato dalla legge in un quadro organico riguardante la materia della sicurezza urbana”. Chiamparino ritiene comunque che bisogna dare “risposte adeguate” in materia disicurezza urbana” e per “l’ ordinamento svolgimento della convivenza civile”, e ritiene che la sentenza della Consulta ” lascia aperta comunque la possibilità di un intervento normativo adeguato e organico, come avevamo chiesto a suo tempo”.
Più critico il ministro dell’ Interno Roberto Maroni, che, intervendo alla trasmissione “Porta a Porta”, ha definito “un errore” la decisione della Consulta,spiegando: “Si tratta di un fatto formale: ci vuole una legge e non un decreto amministrativo e noi rimedieremo per ripristinare questa norma importante”.
Il delegato alla Sicurezza del Comune di Roma, Giorgio Ciardi, starebbe invece pensando ad “un approfondimento su ciò che la Corte Costituzionale ha cassato della legge 125 del 2008.” Duro, invece, il commento del sindaco leghista di Varese, Attilio Fontana, per il quale queste pronuncie della Consulta “affondano la volontà di cambiamento del Paese”, e che critica il voler conservare un’ uniformità di prescrizioni sul territorio nazionale.

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