Decreto-legge 1 settembre 2008, n. 137 ovvero Decreto Gelmini

Ci stiamo scannando, stiamo forse facendo anche il loro gioco – loro: non sappiamo neppure di chi. Non lo sappiamo, non lo enucleiamo, non ce lo raccontiamo di certo.
L’unica, vera cosa che possiamo fare è provare a capire, e avere voglia di farlo. Andate con un microfono in mezzo alle folle di studenti. Non vi sapranno dire perché sono lì. Per i tagli e la scuola pubblica. Sì ma. Quali tagli? Cosa succederà alla scuola pubblica?
L’unica cosa che possiamo fare, è provare a capire. Per combattere il nemico, bisogna conoscerlo. Proviamo allora a ricostruire la cronistoria e il contenuto di STO BENEDETTO DECRETO GELMINI. Che già non è più decreto, ma è stato convertito in legge. Almeno ognuno poi, per sè, deciderà e individuerà i nemici, e come eventualmente combatterli.

Robin Hood tax. Quando l’arciere ha problemi di mira

La metafora dell’arciere
L’arciere, prima di lanciare una freccia, deve costruirsi un arco efficiente (fatto a regola d’arte) ed efficace (adatto per un lancio ottimale); successivamente potrà costruire o scegliere la freccia per scagliarla verso il bersaglio ambito che potrà colpire ma… solo se l’arco è ben fatto! Con lo stesso arco potrà colpire anche altri bersagli, a seconda delle sue necessità e delle sue scelte! Potrà anche essere fornito delle frecce più appuntite, ma… se l’arco è difettoso, difficilmente riuscirà nei suoi tentativi!.
Anonimo italiano.
Che la trovata del ministro Tremonti sulla tassa che avrebbe “rubato ai ricchi per dare ai poveri” sapesse un po’ di demagogia si era in qualche modo sospettato. In mezzo alle fumose dichiarazioni del ministro non è però facile capire bene di cosa si tratti. Leggendo i commenti del mondo accademico e le spiegazioni di liberi economisti le nebbie si diradano e diventa possibile intravedere con più chiarezza il contenuto ma soprattutto gli effetti di una tale decisione. Proviamo a mettere ordine.
Cosa sarebbe la Robin Hood tax?
Parole poverissime: Si tratta di un aumento del 5,5 per cento dell’imposta sui redditi per tutte le imprese che producono o vendono energia elettrica. Presentata come misura contro quei cattivoni dei petrolieri ed in favore dei consumatori, si rivelerà un boomerang e a pagarla saranno di fatto proprio questi ultimi.
Ecco perchè.

Legge 30 del 14 febbraio 2003, ovvero la legge Biagi

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Immaginate di poter essere licenziati con un preavviso di soli cinque giorni… da subito riceverete un’indennità di disoccupazione dell’80 per cento… E poi, entro tre mesi, l’Ufficio pubblico del lavoro preparerà un job plan su misura per voi, che vi potrà trovare non solo un nuovo lavoro, ma un buon lavoro. Lo avete immaginato? Ecco, scordatevelo. A meno che non vogliate ad andare a lavorare e vivere in Danimarca. Ma questa è un’altra storia.
Oggi, per l’appuntamento con Istruzioni per l’uso, parliamo del mercato del lavoro italiano e più specialmente della famigerata legge Biagi. Per farlo sinteticamente ma con la dovuta chiarezza e precisione, ci tocca sin da subito puntualizzare quello che ad alcuni è parso un equivoco e ad altri un gesto di cattivo gusto.
La legge 30 del 14 febbraio 2003 infatti, recante come titolo “Delega al Governo in materia di occupazione e mercato del lavoro”, varata dal secondo governo Berlusconi, è stata dagli stessi esponenti della maggioranza definita Legge Biagi, in memoria del giuslavorista Marco Biagi, ucciso dalla nuove Brigate Rosse, il 19 marzo 2002 a Bologna. Coloro che non vogliono associare alla memoria del professor Biagi la legge perché ritengono che il progetto da lui ideato differisca con la legge effettivamente poi varata dal governo, la chiamano alternativamente legge 30 o legge Maroni. Chiaro no?
Detto questo cerchiamo adesso di inquadrare il significato della legge 30, e per farlo è necessario descrivere, pur brevemente, il contesto sociale che ha portato alla riforma.

Legge 112 del 3 maggio 2004, ovvero la legge Gasparri

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Si può discutere – ed infatti ne se discute – dell’effettivo vantaggio arrecato dall’essere proprietario di TV, quotidiani, periodici e quant’altro. Si può discutere altrettanto – ed anche qui il dibattito è sempre aperto – dell’effettiva volontà di intervenire sulle scelte del proprio pubblico, per fini diversi da quelli commerciali e connessi all’attività di editore. Si può discutere infine dell’opportunità che sempre più voci siano rappresentate attraverso i media che informano le persone di quanto accade. Si può discutere, in una parola, del pluralismo. In Italia lo si fa da anni, per televisione. Gli italiani lo fanno in TV, insomma.
Non esiste focolare italico che non veda, seduto a capotavola, il televisore. Attraverso il tubo catodico si è fatta l’Italia e si è fatto l’italiano, grazie allo yankie Bongiorno ed al suo Lascia o Raddoppia. L’invasione delle TV private poi ha finito con lo sconvolgere il panorama che i telespettatori si erano trovati davanti fino a quel momento, abituati com’erano a carosello, sceneggiato e buonanotte. L’ingresso della TV cosiddetta commerciale ha aperto nuovi orizzonti all’intrattenimento, imponendo col tempo il suo predominio indiscusso rispetto agli altri media tradizionali. I giornali sono out, internet è ancora off limits, la TV è ok.
E’ divenuto così centrale nel nostro paese il problema di regolamentare, in qualche modo, il mercato dei media. Esattamente dalla discesa in campo in politica del cavalier Silvio Berlusconi, all’epoca sottotitolato tycoon dell’editoria; in parole povere un asso pigliatutto del settore.

Legge 180 del 13 maggio 1978, ovvero la legge Basaglia

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Le legge 180, meglio nota con la definizione di legge Basaglia dal nome del suo ideatore, è un’importante legge quadro che impose la chiusura dei manicomi e regolamentò il trattamento sanitario obbligatorio, istituendo i servizi di igiene mentale pubblici. Accertamenti e trattamenti sanitari volontari e obbligatori il titolo della legge, la 180 rappresenta una vera e propria conquista di civiltà, giunta al termine di quel percorso di rivisitazione della società italiana e dei suoi meccanismi sociali e politici cominciata con i movimenti del 68.
Le intenzioni della legge 180 erano quelle di ridurre le terapie farmacologiche ed il contenimento fisico, instaurando rapporti umani rinnovati con il personale e la società, riconoscendo appieno i diritti e la necessità di una vita di qualità dei pazienti, seguiti e curati da ambulatori territoriali. Ma sono la vita e le opere di Franco Basaglia a descrivere meglio di qualsiasi trattazione medico scientifica la ratio del provvedimento, rivoluzionario sotto l’aspetto medico e culturale.
Così come l’azione di Maria Montessori era riuscita a cambiare per sempre i metodi pedagogici e la concezione stessa dell’insegnamento ai bambini molti anni prima, lo stesso risultato si può affermare che venne raggiunto dagli studi psichiatrici del professor Basaglia. Niente dopo di lui fu più uguale a prima nella trattazione delle problematiche del disagio mentale. O quasi. Perchè la legislazione regionale, molto eterogenea in materia, ha reso negli anni l’attuazione del dettato della 180 quantomeno altalenante.
Ma in definitiva, cosa ha fatto di così straordinario Franco Basaglia ed in cosa consiste il pensiero ispiratore della legge 180? Scopriamolo insieme.

Legge 309 del 28 febbraio 2006, ovvero la Fini-Giovanardi sulle droghe

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La legge Fini-Giovanardi si inserisce in una discussione, ormai decennale, centrata sul sanzionare o no il consumo personale di sostanze stupefacenti illegali. Discussione che vede contrapposti, nel caso specifico delle sostanze cosiddette leggere – cannabis e marjuana – gli antiproibizionisti, convinti assertori dello slogan “giusto o sbagliato non può essere reato” e i proibizionisti, che nel contrasto alla droga applicano la “tolleranza zero”.
La legislazione italiana in materia distingue, sin dal Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza del 1990, due “categorie di reati”, a seconda che si prefiguri la detenzione ai fini di uso personale o di spaccio. Nel primo caso ci troviamo di fronte ad un reato amministrativo, mentre nella seconda ipotesi sconfiniamo nel penale. Fin qui tutto chiaro, o quasi.
E’ risultato infatti poco chiaro, al legislatore del 2006, quale fosse il limite tra le due situazioni, così come poco chiaro dev’essere apparsa agli estensori della legge, la differenza esistente tra le varie sostanze illegali. La fretta è cattiva consigliera. Gli stessi metodi adottati per l’approvazione del decreto, senza alcun reale dibattito parlamentare, manifestano la volontà della maggioranza dell’epoca – che nel frattempo è tornata ad essere tale – una certa fretta.
Cosa dice quindi in soldoni la legge Fini-Giovanardi?

Legge n.194 del 22 maggio 1978, ovvero la legge sull’aborto

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L’aborto – ma tecnicamente si parla di interruzione volontaria di gravidanza (IVG) – è naturalmente un argomento delicato, che ciclicamente sembra tornare di attualità in tutto il mondo, in particolar modo quello occidentale. Il dibattito che vede da sempre contrapposte le posizioni pro e contro, è caratterizzato da fattori bioetici e religiosi. Nel caso italiano, l’argomento in questione ed il peculiare contesto sociale hanno fatto sì che spesso la sfera della laicità, propria dello stato e più consona al legislatore, venisse a contatto con la quella spirituale, privata, religiosa.
D’altro canto, il pensiero politico di matrice confessionale è da sempre presente e forte in Italia, così come in buona parte d’Europa e le ragioni della difesa della posizione più intransigente nei confronti dell’aborto non meraviglia affatto. La posizione dei partiti cristiani in Italia, rappresentata di fatto dall’intero centrodestra, ma presente trasversalmente agli schieramenti – leggasi teocon e teodem – in materia di fecondazione assistita, eutanasia, contraccezione, unioni omosessuali contribuisce a chiarire il contenuto “trascendente” della loro concezione della vita e dell’uomo.
Tanto più perchè nel caso di specie, a differenza di altre questioni, ci troviamo di fronte ad un evento comunque doloroso e ad una decisione difficile. Pur sapendo di cadere nella retorica, immagino che non sia una situazione facile quella che vive la donna che decide volontariamente di abortire. In Italia, come nella stragrande maggioranza del mondo cosiddetto occidentale, l’interruzione volontaria di gravidanza è consentita, entro i limiti fissati dalla legge.
Ma quali sono questi limiti, ed in cosa consiste la famigerata 194?

Legge 189 del 30 luglio 2002, ovvero la Bossi-Fini

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L’economia globalizzata e l’apertura delle frontiere europee hanno suggerito in questi anni a molti stati un cambiamento rispetto alla tradizionale prospettiva sul fenomeno dell’immigrazione. In Italia, dopo decenni di sbarchi di immigrati principalmente africani, calamitati sulle coste meridionali italiane dalla centralità nel bacino del Mediterraneo, negli ultimi anni il nostro paese ha conosciuto una nuova forma di immigrazione, quella di origine europea e cinese. Ma se di quella cinese, a dire il vero, non sembra importare a nessuno, i nodi vengono al pettine quando si tratta di analizzare i flussi dall’est, come nel caso della Romania ed Albania.
L’ingresso nell’Europa che conta della Romania poi ha fatto letteralmente andare in tilt il sistema. Lo stravolgimento della stratificazione sociale che sta colpendo l’Europa occidentale ha reso maggiormente appetibile la nostra, come altre nazioni, per quelle popolazioni economicamente arretrate e quindi maggiormente disposte a sacrificarsi in mestieri sempre meno svolti dai nostri connazionali. Come dire, se da una parte c’è un’offerta di immigrazione, dall’altra c’è di sicuro anche una domanda.
In questo contesto caratterizzato da questi elementi geografici e “sociali”, è necessario dunque disporre di una normativa in grado di definire con chiarezza quali debbano essere i criteri per regolare tali flussi migratori, senza per questo creare quel clima di contrasto sociale e di intolleranza, spesso camuffamento della xenofobia. In Italia con la cosiddetta Bossi-Fini – dal nome di primi firmatari della legge – del 2002 si è inteso dare un giro di vite nella disciplina, definendola in modo a molti apparso come più restrittivo rispetto alla Turco-Napolitano, del 1998, che l’aveva preceduta.
Ma in cosa consiste la Bossi-Fini?

Legge 40 del 19 febbraio 2004, ovvero la legge sulla procreazione assistita

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Da alcuni giorni sono scoppiate feroci polemiche per quello che da più parti è stato considerato un colpo di mano a “camere sciolte” da parte del ministro della salute uscente, Livia Turco. Pietra dello scandalo è ancora una volta la famigerata legge 40 del 19 febbraio 2004, in materia di procreazione medicalmente assistita. La legge, approvata durante il precedente governo Berlusconi ha fissato in modo più restrittivo che in altri paesi europei i termini per potere accedere al protocollo pubblico per la fecondazione assistita, vietando espressamente quella cosiddetta eterologa. Sul punto chiarirò più avanti; al momento limitiamoci ai fatti recenti.
La fredda cronaca di quanto consumatosi nei giorni scorsi è riassumibile in poche righe: la ministra Turco, chiamata a rinnovare le linee guida per l’applicazione della legge – la “verifica” triennale è resa necessaria dalla continua evoluzione della ricerca scientifica in materia – ha emanato le nuove direttive, pubblicate in Gazzetta Ufficiale. Le innovazioni inserite nel testo recepiscono due sentenze del Consiglio Superiore di Sanità, organo consultivo del Ministero della Salute, che avevano “bocciato” le direttive inizialmente previste dalla legge, così come lo stesso risultato la legge aveva raccolto presso i tre tribunali amministrativi chiamati a pronunciarsi sulla legittimità di tali indicazioni iniziali.
Il menzionato colpo di mano della ministra – a detta dei suoi contraddittori – starebbe nell’aver forzato eccessivamente nell’interpretazione della legge, mutandone “profondamente il significato”. Stando a quanto si è capito – a proposito di interpretazioni – le nuove direttive aprirebbero alle possibilità di effettuare la diagnosi preimpianto, altro nodo politico della questione, ed anche di questo parleremo più avanti.
Dunque, cosa è la legge 40? E cosa prevede?

Legge 459 del 27 dicembre 2001, ovvero Legge Tremaglia

Tremaglia
Legge 27 dicembre 2001, n. 459. Norme per l’ esercizio del diritto di voto dei cittadini italiani residenti all’ estero . La legge è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 4 del 5 gennaio 2002. Legge contraddittoria, per i suoi effetti, per l’attuale ricezione delle forze politiche – trasversalmente, è unanime la consapevolezza che, quantomeno tecnicamente, vada cambiata. L’opinione pubblica italiana si è accorta della sua esistenza solo nel 2006, primo anno in cui ha avuto modo di essere posta in essere.
Anno 2006: gli italiani scoprono che a decidere la vittoria del centro sinistra al senato sono stati i senatori eletti all’estero. Ed è quanto meno anomalo, bisogna ammetterlo. Per quanto la causa principale del fenomeno sia da rinvenire nel Porcellum, e non nella Tremaglia di per sè.
La 459/2001 ha però portato al paradosso di vedere il centro destra delegittimare in ogni modo la suddetta vittoria di due anni fa. Rosicchiata, risicata dal centro sinistra, che forse neppure se l’aspettava. Il centrodestra ha cominciato a criticare, mettere in dubbio, appunto delegittimare il voto all’estero degli italiani, per l’effetto avuto. Peccato che la legge abbia un chiaro stampo e un’ispirazione chiaramente di destra, e il suo creatore sia proprio Mirko Tremaglia.

Legge 81 del 25 marzo 1993, ovvero la legge elettorale per comuni e province

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Come molti di voi avranno notato dal numero spropositato di manifesti elettorali presenti nelle città (a proposito, ma non sarà il caso di smetterla con questo spam elettorale?!?), oggi e domani non si voterà solo per il rinnovo del parlamento nazionale. Il dimissionario ministro dell’interno, Giuliano Amato, ha comunicato ufficialmente che il 13 e 14 aprile sarà “Election Day”, si voterà cioè per le elezioni politiche e per le amministrative comunali e provinciali.
Fa eccezione la Sicilia nella quale, in virtù dello statuto speciale, le amministrative 2008 non saranno svolte in contemporanea alle politiche. Il Governo Regionale della Sicilia non ha ancora deciso la data per le consultazioni locali. Oltre che per le politiche e le amministrative, si andrà alle urne per il rinnovo dei consigli regionali in Valle d’Aosta, in Friuli Venezia Giulia ed in Sicilia dopo le dimissioni del governatore Cuffaro.
La legge 81 del 25 marzo 1993 inserisce per la prima volta l’elezione a suffragio universale del sindaco e del presidente della provincia.
Tradotto, si vota il sindaco o presidente della provincia esprimendo direttamente la preferenza sul candidato scelto. A seconda poi della popolazione residente nel comune di appartenenza, ci troveremo di fronte ad un sistema maggioritario o proporzionale.

Legge 28 del 22 febbraio 2000, ovvero la Par Condicio

Sia chiaro, il video è per sdrammatizzare: L’università di Vip World City è incaricata di effettuare dei test per la sperimentazione di nuove forme di Par Condicio.
Politica Live, invece, oggi vi spiega, in Istruzioni per l’uso, lo spauracchio della campagna elettorale mediatica. La cosiddetta Par Condicio. Tradotta in norma, la par condicio è regolata dalla Legge 22 Febbraio 2000, n. 28: Disposizioni per la parità di accesso ai mezzi di informazione durante le campagne elettorali e referendarie e per la comunicazione politica, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 43 del 22 febbraio 2000.

Legge 270 del 21 dicembre 2005, ovvero il Porcellum

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Il voto utile, il voto inutile, il voto disgiunto, il voto di scambio. Il voto. OK, ma cosa è il voto, e come si vota?
Politicalive, approfittando del silenzio pre-elettorale scattato alla mezzanotte, inaugura oggi un nuovo spazio dedicato agli approfondimenti sulle nostre leggi. Per cominciare, naturalmente, la legge elettorale italiana, conosciuta anche come Porcellum, dal nome datole dallo stesso estensore della legge, l’allora ministro per le riforme, il leghista Roberto Calderoli e che prosegue la tradizione inaugurata dal politologo Giovanni Sartori che, nel 1993 usò per primo un latinismo – Mattarellum – per definire la legge a firma Sergio Mattarella. Seguirono poi il Tatarellum ed infine appunto il Porcellum.
Tralasciando le note di colore sul perchè e sul per come sia stata fatta questa scelta, ci soffermeremo oggi su una trattazione asettica, per quanto possibile, della legge in questione.