Berlusconi a Bossi: “Quindici giorni per fare fuori i finiani”

La nuova sfida di Silvio Berlusconi è quella di convincere Umberto Bossi a rinunciare al voto anticipato e optare per la prosecuzione dell’attuale percorso esecutivo. La promessa del Premier, in tal senso, ha assunto sfaccettature e connotati dettagliati: quindici giorni – dice il fondatore del PdL – per assicurarci una nuova maggioranza parlamentare che non tenga più conto dell’apporto di Futuro e Libertà.

In sostanza, dice Berlusconi, “riuscirò a garantire stabilità senza dover contare sui finiani che, a quel punto, faranno quello che gli pare senza tenere in scacco il Governo“. Il banco di prova è rappresentato dal 28 settembre, giorno in cui il Presidente del Consiglio si recherà nell’emiciclo per chiedere la fiducia sul programma.

Dovesse fallire anche questo tentativo – in sostanza – allora Berlusconi cederebbe alle pressioni della Lega Nord e, tra la presa d’atto e le elezioni anticipate, il passaggio sarebbe breve, immediato, necessario. Stavolta, tuttavia, l’accondiscendenza del Senatur potrebbe anche non bastare: troppi gli elementi che portano Bossi a ritenere urgente e irrinunciabile il voto immediato, non ultimo la sensazione che – in caso di tenuta momentanea – non si farebbe che prolungare l’agonia. Rimandandola senza riuscire a risolvere il problema.

Ovvero: correre il rischio di far passare il tempo necesario affinche le opposizioni e gli avversari si organizzino molto più di quanto in realtà lo sono oggi e lasciare loro un vantaggio che potrebbe anche costare la sconfitta elettorale. Ecco perchè la situazione è per Berlusconi ancora più intricata: se da un lato il Carroccio vive una fase di consenso crescente (e nulla lascia presagire che tra qualche mese lo stesso possa scemare) che è direttamente proporzionale alla perdita di elettorato del PdL (non di dimensioni tali da lasciar pensare a una sconfitta alle urne), dall’altro una eventuale debacle strategica del Premier (laddove il rimpiazzo dei finiani con “aggregati” dell’ultimo momento servisse a tenere in piedi l’Esecutivo solo per pochi mesi) potrebbe anche svincolare la Lega da una alleanza (con il PdL) che – per quanto solida – si incrinerebbe inevitabilmente.

Dopo aver assecondato più e più volte, Bossi avrebbe a quel punto le mani slegate e potrebbe anche puntare ad accordi programmatici differenti. La paura del Premier – d’istinto, seguirebbe Bossi a occhi chiusi – è quella che riesce a fomentare il suo entourage. Da Fedele Confalonieri (“Se perdessimo, il problema si potrebbe ripercuotere sulle aziende: pensaci, la sinistra già parla di legge sul conflitto di interessi”) a buona parte del Popolo delle Libertà (anche se il coordinatore Ignazio La Russa è propenso invece ad andare a votare: il timore è che si modifichi nel frattempo la legge elettorale) senza trascurare Gianni Letta (ancora convinto della possibilità di accordo con Fini e Fli).

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